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Ricordi di un ex Normalista 745
ansiose e scure in volto, esclamando: “chi è morto?”. Quale contrasto
nei tocchi delle campane nelle varie ore del giorno! Quelle campane,
quando io mi trovavo lontano dalla mia terra, riecheggiavano nel mio
cuore immagini e ricordi assai cari.
I coniugi [i mie genitori] si volevano un gran bene, sebbene non lo
lasciassero trapelare: l’uno era piuttosto brontolone, burbero con tutti,
parco nello spendere da rasentare qualche volta la tirchieria; l’altra
docile e buona; incapace di dir male di alcuno, compativa tutti; amava
talvolta spendere, non per ornare la sua persona con gingilli o amuleti
di sorta, ma per comprare cose utili ed abbellire la casa, sua prediletta
cura. Sapendo l’umore dello sposo, la povera mia mamma non gli chie-
deva mai un soldo, ma provvedeva da sé alle piccole spese di casa coi
suoi risparmi, provenienti dalla vendita di uova, di qualche formetta
di cacio o di qualche litro di vino. Aveva una gran passione per la bian-
cheria, che serbava religiosamente in rotoli ben allineati, dentro grandi
casse di noce. E tutta questa biancheria, dalla grossa per le lenzuola,
alla damascata per tovaglie, tovagliuoli e asciugamani, mandava un
profumo speciale, suggestivo e confortante.
Anche l’indole era diversa: mio padre vedeva sempre nero, si preoc-
cupava per ogni nonnulla; e quando una tempesta si abbatteva nella
campagna del paese o il vento stroncava gli alberi, era disperato. Te-
meva che andando a male tutto il raccolto dell’annata, alla famiglia
sarebbe venuto meno il pane o che gli ulivi non avrebbero potuto pro-
durre più una goccia d’olio. Era però di una operosità meravigliosa: da
mane a sera stava attorno ai suoi campi, alle mucche e alle bestie da
soma, come muli ed asini, che considerava i suoi migliori amici. Sic-
come dormiva pochissimo, si alzava da letto sempre prima dell’alba, al
cosidetto Pater noster, e voleva che anche gli altri di casa, uomini e
donne, facessero lo stesso e lavorassero. Mia madre era invece sempre
ottimista, diceva sempre che tutte le difficoltà si appianano sempre col
tempo e che la Provvidenza non abbandona mai miseri mortali.
Della mia infanzia ricordo che sino a due anni fui tenuto sempre in
braccio, perché, sebbene fossi sano e vigoroso, non avevo voglia di
camminare colle mie gambine; ero molto vivace e prepotente, picchiavo
gli altri bambini e strillavo spesso quando non mi davano da mangiare
abbastanza o mi negavano qualche cosa. Per farmi stare quieto (buono,
come si dice in Sicilia) minacciavano di chiamare “Bastiano”, un cia-
battino del rione, zoppo e butterato, un vero mostro, di cui io avevo
paura matta; ovvero mi parlavano di diavoli, streghe e di fiamme in-
fernali: Rizzerebbero i capelli i moderni pedagogisti (…).
A cinque anni, essendo ancora febbricitante per il morbillo, una
cugina tanto affezionata, ma ignorante di cure sanitarie, credette di
farmi guarire presto, portandomi a casa sua e facendomi ingoiare non
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Dicembre 2020
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)