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                metodo di studio e il mio comportamento coi compagni di scuola. Egli
                era  laureando,  mentre  io  ero  una  semplice  matricola,  selvatica  e
                scontrosa, che doveva presto pagare lo scotto del noviziato, secondo
                le consuetudini goliardiche. Per evitare qualche brutta sorpresa, sa-
                pendomi con pochi quattrini, mi condusse un giorno con alcuni con-
                terranei in un Caffè di Borgo Stretto, dove, pagate una trentina di
                paste, col relativo fiasco di Chianti, in tutto per L. 5, ebbi il papiro
                firmato e vidimato regolarmente, secondo il codice goliardico, su cui
                il Lombardo Radice aveva redatto, con grande solennità, alcuni afo-
                rismi  filosofici  e  pedagogici  in  latino.  Ne  ricordo  uno,  assai  tipico:
                oportet assidue studere sed interdum pro salute anime tuae puellas
                mulcere iuvat.
                   Dopo il Lombardo Radice, col quale giuocavo a bocce spessissimo
                e volentieri nel cortile della Scuola, divennero presto a me carissimi
                Achille Pellizzari, oratore formidabile, sebbene alto come un soldo di
                cacio, e Luigi Castiglioni , latinista di valore, coi quali nelle ore spen-
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                sierate facevo mattane e baldorie e organizzavo delle gite nella Luc-
                chesia e in Garfagnana, passando a piedi i monti, per cui  "i Pisani
                veder Lucca non ponno", per sollevare lo spirito, dopo le sgobbate
                giornaliere e notturne. Bisognava, infatti, studiare molto, anche la
                notte,  per  mantenersi  il  posto  alla  Scuola  Normale  e  superare  gli
                esami annuali all’Università. Poiché, quando in un esame si riportava
                meno di 24 su 30, cioè di 8, si perdeva il posto. Non avevamo né
                riscaldamento a termosifone né luce elettrica, come hanno oggi i nor-
                malisti, che sono trattati da signori. Ma lo studio non ci pesava, ba-
                stava frequentare i corsi, e rendersi poi, a casa, conto delle lezioni
                giornalmente, riordinando gli appunti.
                   I  professori,  non  affatto  cattedratici,  erano  così  gentili  ed  alla
                mano con noi, che ci faceva piacere l’apprendere, conversando con
                loro dopo le lezioni e mentre li accompagnavamo a casa. Ricordo, fra
                i miei maestri, il prof. Alessandro D’Ancona, famoso dantista e lette-
                rato, l’archeologo Lucio Mariani, che sapeva animare i monumenti
                antichi, greci e latini, con bellissime proiezioni, e Amedeo Crivellucci,
                storico di razza, dall’aspetto ieratico, conoscitore profondo delle rela-
                zioni fra lo Stato e la Chiesa nell’Alto Medio Evo. Lasciavano molto a
                desiderare Alessandro Tartara, insegnante di letteratura latina, dal
                volto duro e senza mai un sorriso, ed i filosofi Jàja, Paoli e Taran-


                la rivista “Nuovi Doveri” con Giovanni Gentile, che, ministro della Pubblica Istruzione
                nel 1922-24, gli affidò la direzione generale per l’istruzione elementare, dove curò la
                stesura dei programmi ministeriali per le scuole elementari.
                   38  Luigi Castiglioni (1882-1965), filologo classico, conseguì la laurea nel 1904, inse-
                gnò letteratura latina nelle Università di Cagliari (nel 1925) e di Milano (dal 1926) e fu
                autore con Scevola Mariotti di un noto “Vocabolario della lingua latina”.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Dicembre 2020
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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