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Il network commerciale del Magistrato dell’Abbondanza genovese 583
somme di vettovaglie vi sono», e aveva un ruolo di controllo nei confronti
di magazzinieri e camalli (facchini) . Compito del cassiere era invece «pa-
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gare le spese che occorrono giornalmente farsi per conto delli Grani, Olio
et altre». Cancelliere e cassiere si incontravano una volta alla settimana
per saldare i conti aperti, che non potevano ammontare a più di seimila
lire . Da ultimo, vi erano i magazzinieri, il cui numero variò spesso e che
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si occupavano dello stoccaggio dei cereali e della gestione dei magazzini .
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Durante la vita del Magistrato, abolito solamente con l’avvento della
Repubblica Ligure, questo organigramma andò ramificandosi di pari
passo con le nuove competenze di cui l’istituzione era investita . Scopo
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principale rimase sempre quello indicato nell’atto fondativo, cioè acqui-
stare e garantire alla città la costante disponibilità di «quindicimilla
mine di qualsivoglia qualità dei grani e quindicimilla mine di miggi o
altre sorte di vettovaglie (...) che giudicheranno più atte alla conserva-
zione» . Nel caso in cui le scorte fossero rimaste inutilizzate nei magaz-
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zini, spettava all’Abbondanza la sostituzione con nuove derrate: per lo
smaltimento dei vecchi cereali gli ufficiali avevano la possibilità di orga-
nizzare vendite o distribuzioni coatte a un prezzo più alto rispetto a
quello in vigore sul mercato. Per adempiere ai propri compiti, oltre a
ricevere un consistente numero di paghe dal Banco di S. Giorgio , agli
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ufficiali si garantirono anche poteri giudiziari, consentendo loro di ge-
stire una giustizia separata .
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26 Ivi, cc. 102r- 107v.
27 Ivi, cc. 87r sgg.
28 Ivi, cc. 110r sgg. e cc. 230r sgg.
29 Si aggiunsero, fra gli altri, il deputato alla cura delle mischie e delle farine (Ivi, c.
136r), i censari (Ivi, c. 153r) e i camalli (Ivi, c. 156r.). C. Gatti, Progetti di riforma del
Magistrato dell’Abbondanza genovese nella prima metà del Seicento, «Annali della Fa-
coltà di Scienze Politiche dell’Università di Genova», I (1973), pp. 319-348.
30 Ivi, c. 23v. La mina genovese era un’unità di misura in uso per gli aridi, equivalente
a 90,89 chilogrammi. L. Lo Basso, Uomini da remo. Galee e galeotti del Mediterraneo in
età moderna, Selene, Milano, p. 421.
31 Il capitale del Banco di San Giorgio, formato dai crediti che i consorziati del Banco
stesso avevano verso lo stato, era diviso in luoghi, originariamente del valore di 100 lire l’uno,
che andarono calando nel corso del tempo. I creditori (luogatari) ricevevano come estinzione
del debito le paghe, cioè i guadagni che San Giorgio otteneva grazie all’appalto di alcune
gabelle. Per il complesso funzionamento del Banco si veda G. Felloni, Il credito all’erario e ai
privati: forme ed evoluzione, in Id. (a cura di), La Casa di San Giorgio: il potere del credito,
ASLig, n.s., 46/2 (2006), pp. 155-163 e in particolare pp. 155-156. Per una visione d’insieme
sulla Casa di San Giorgio è ancora molto utile H. Sieveking, Studio sulle finanze genovesi nel
Medioevo e in particolare sulla Casa di San Giorgio, ASLig, v.s., 35/1-2 (1905-1906).
32 Ivi, c. 25v. Le Leges Novae del 1576 sottrassero alle magistrature ordinarie «la loro
possanza e bailia nelle cause criminali», affidata esclusivamente ai podestà e ai giudici
della rota criminale. L’Abbondanza riottenne tale autorità il 3 settembre dello stesso
anno, in seguito a una supplica di Luca Spinola e Paolo Giustiniani. Ascge, Abbondanza,
687, Leggi e decreti dell’Ecc.mo Magistrato dell’Abbondanza, cc. 27v-28r. Il 22 gennaio
dell’anno successivo fu concessa agli Ufficiali la facoltà di punire e condannare a morte
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Dicembre 2020
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)