Page 62 - 1
P. 62
604 Emanuele Pagano
Algeri «con cento cinquanta mila crosoni [pezzi da 8 reali] e riscatta
almeno schiavi 300». Niente da fare. «Di noi poveri soldati milanesi non
ne vogliono sentir parlare per lo nostro riscatto, con dir che non siamo
di nazione spagnola», lamentavano nella supplica al Senato, nono-
stante che «abbiamo perduta la libertà valorosamente in servizio di
S.M.C. [Sua Maestà Cattolica]». Nel frattempo, però, «li SS. Capitani
già si sono francata la libertà» . Le circostanze attestate dai suppli-
13
canti, vale a dire che il governo spagnolo nei riscatti stava applicando
un rigido criterio di nazionalità e che la loro condizione di proletari
militari li escludeva dalla possibilità di riscattarsi da sé (come verosi-
milmente avevano fatto i loro ufficiali), impose al governo milanese di
provvedere a questi sudditi che evidentemente ricadevano nella con-
dizione di captivi poveri, bisognosi del soccorso pubblico; catturati,
oltretutto, mentre in armi assolvevano al regio servizio. Al Governatore
di Milano si chiese di interessare personalmente la regina della cosa,
mentre gli organismi dell’amministrazione centrale e locale milanese,
quali ad esempio la Congregazione di stato, erano invitati a potenziare
la raccolta di elemosina.
Null’altro si conosce di questa vicenda dalla quale si può trarre
qualche considerazione. Anzitutto si rileva il fatto che a Milano, una
delle maggiori città della penisola, ancora a fine Seicento non esiste-
vano magistrature civili (come a Genova e a Venezia) né case religiose
(trinitari e mercedari) deputate al riscatto degli schiavi nazionali. Le-
gate a questi Ordini, nondimeno, c’erano anche nella città ambrosiana
– come a Lucca, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Palermo, Messina –
due confraternite laiche, riconosciute dalla Chiesa: quella della ss. Tri-
nità presso s. Lorenzo e quella della Beata Vergine della Mercede, an-
nessa alla chiesa barnabitica di s. Alessandro , attive nella raccolta
14
di fondi per il riscatto dei captivi in mano islamica. Le confraternite
dello Stato di Milano erano in corrispondenza con l’Arciconfraternita
del Gonfalone a Roma . Tuttavia, al di là di questi pii sodalizi in loco,
15
13 Supplica a stampa al Senato, datata Algeri 15 febbraio 1672, con elenco in calce
di 25 uomini, 18 dei quali erano i soldati prigionieri da due anni, gli altri essendo ridotti
in schiavitù da un tempo più lungo, dai 6 a ai 18 anni. Nel documento, oltre al nome, è
anche indicata la località di origine dei prigionieri (milanesi, pavesi, cremaschi, novaresi,
comaschi, tortonesi, alessandrini; e uno del Finale): Ascmi, Materie, b. 870, fasc. 13.
14 La devozione alla B.V. della Mercede, attestata nella tarda età viscontea, proba-
bilmente riprese nuovo slancio in Lombardia nel secondo Seicento. Nell’elenco dei 520
cristiani liberati per opera dell’Ordine Mercedario nel 1675 figurano anche i nomi di sei
milanesi, di cui due religiosi: G. C. Bascapè, I mercedari a Milano (sec.XV-XVII), Libreria
“Ambrosiana”, Milano, 1935, pp.11-13.
15 In una memoria del 1768 un cancelliere plebano lombardo affermava che «la re-
denzione dipendente da questo Stato si faceva, prima che fosse accollata a questi P.P. [i
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Dicembre 2020
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)