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Sudditi milanesi schiavi dei barbareschi. Riscatti, procedure, profili   605


                    sul versante negoziale con i potentati nordafricani il governo milanese
                    dipendeva interamente da autorità e operatori esteri. Sul piano poli-
                    tico-diplomatico esso era sottoposto a Madrid, mentre sul piano ope-
                    rativo-economico si doveva affidare a religiosi esteri degli Ordini sud-
                    detti e ad altri intermediari, come meglio emergerà da successive vi-
                    cende in cui furono coinvolti militari e civili.
                       Nell’estate del 1722 – il Milanese da qualche lustro era passato alla
                    Casa d’Austria, insieme con Napoli e, da due anni, con la Sicilia – da
                    Palermo giunse a Milano la drammatica missiva di padre Giovanni An-
                    drea Vignolo, prefetto apostolico di Tripoli di Barberia: nelle mani dei
                    tripolini erano cadute 31 persone, quasi tutti soldati riformati dell’ex
                    reggimento austriaco Lucini, che stavano rientrando in patria dalla Si-
                    cilia su una nave genovese con sei donne, mogli dei soldati, e un bam-
                    bino di un anno. Morti cinque militari nello scontro con i corsari, il de-
                    stino delle donne fu subito segnato. Una nota informava che tutte erano
                    «state vendute per una parte, e per l’altra»; quelle fuori Tripoli si trova-
                    vano ormai in località ignote. Il copione del 1672 sembra ripetersi, con
                    maggior dovizia di attori e ambienti. Il tenente novarese G.B. Medici ot-
                    tenne dalla propria famiglia 75 zecchini per il riscatto, pagati per il tra-
                    mite di un mercante genovese, e poté così rientrare in Italia approdando
                    a Genova l’11 maggio 1723, insieme con un alfiere suo compaesano, per
                    il quale dovette attivarsi la colletta pubblica. Gli altri commilitoni, in
                    quanto poveri, versavano invece «in una dura schiavitù» . Dal carteggio
                                                                         16
                    milanese riprende forma la rete di relazioni di cui la città ambrosiana è
                    solamente uno dei nodi, e non il più importante. Il governo locale non
                    poteva fare molto più che stimolare la colletta promossa dai vescovi,
                    diocesi  per  diocesi,  e  attenersi  alle  trattative  condotte  altrove.  Era
                    Vienna a svolgere funzione di regia. Il governo imperiale asburgico ne-
                    goziava direttamente con Istanbul, per il tramite del suo ambasciatore.
                    Questi, con «una ricognizione di cento ungheri», aveva ‘ammorbidito’ un
                    Agà in partenza da Costantinopoli per Tripoli con la missione di far li-
                    berare i soldati in schiavitù. Da Vienna si suggeriva al governatore di
                    Milano di scrivere ai padri francescani a Tripoli affinché essi agevolas-
                    sero  l’affare  dando  al  suddetto  Agà  un’altra  mancia  al  suo  arrivo,





                    trinitari di cui si dirà poi], cioè dal 1730 retro, mediante la corrispondenza che vi era fra
                    le confraternite erette in questo dominio, e il Confalone di Roma»: Asmi, ag, Culto, p.a.,
                    b. 1817. A Lodi, almeno, v’erano analoghe confraternite della B.V. della Mercede e del
                    Riscatto: Asmi, Archivio generale del fondo di religione, bb. 4758, 4878.
                       16  L’intera documentazione del caso è in Asmi, ag, Culto, p.a., b. 2170.


                                               Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Dicembre 2020
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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