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608 Emanuele Pagano
di accorpamento. Una soluzione di compromesso determinò la fuoriu-
scita della componente spagnola, trasferitasi nel convento di s. Carlino
a Roma con il godimento del legato Arconati .
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Pur non potendo evitare qualche ispezione dei visitatori dell’Ordine,
i trinitari scalzi in Monforte riuscirono dunque a svincolarsi dal loro
capitolo generale, grazie a importanti protezioni nell’ambiente mila-
nese. Dal governo ottennero la facoltà di nominare procuratori in tutte
le città dello Stato per la raccolta delle elemosine. Dagli anni Quaranta
del Settecento la cassa del convento in Monforte – l’unico trinitario
nella Lombardia austriaca – concentrò i proventi delle questue non
solamente delle terre lombarde, bensì di Parma, Piacenza, Modena e
Reggio. Nel 1742, dietro supplica a Vienna del padre Carlo di s. Anto-
nio (procuratore dei trinitari a Milano), il Senato dispose che i notai
raccomandassero ai propri clienti testatori di ultime volontà di destinare
legati a favore dell’opera del riscatto. La disposizione, che i trinitari già
avevano ottenuto dal governo veneto, fu rinnovata più volte ed estesa al
Mantovano. Ancora il Senato, su istanza del Vicario di Provvisione, ac-
cordò nel 1745 al medesimo padre Carlo la cittadinanza milanese, segno
giuridico di una piena integrazione nella realtà civile e religiosa ambro-
siana, al riparo dalle pressioni esterne. Contro la volontà del loro Ordine
e quasi forzando la mano a Roma, i trinitari milanesi aprirono anche un
noviziato . Vi vestirono sette nuovi religiosi (con violazione della regola
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del numero), tanto che all’inizio degli anni Sessanta i frati in Monforte
erano una ventina, allorquando potevano vantare anche il potente se-
natore Gabriele Verri come «nostro protettore» .
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Riscatti nel pieno Settecento. Procedure, riti, profili
I decenni centrali del XVIII secolo, in effetti, furono l’epoca d’oro dei
trinitari milanesi. Essi riuscirono a ottenere il rimpatrio di diverse de-
cine di captivi sudditi lombardi o asburgici, collegandosi alle impor-
tanti missioni di redenzione in Africa che interessarono quel periodo.
25 Eco della vertenza è in scritti anonimi, non benevoli verso i padri, come ad es.
«Riscatto de’ schiavi» (post 1764), ivi.
26 Essi affermavano di averne avuto il permesso direttamente da papa Benedetto
XIV, «vivae vocis oraculo»: cfr. memoria anonima del 1767 o 1768, ivi.
27 Memoriale dei padri, 1761, ivi. Sul giureconsulto Gabriele Verri, nel 1753 reggente
dello Stato nel Consiglio d’Italia a Vienna, nonché padre del celebre Pietro, cfr. C. Capra,
I progressi della ragione. Vita di Pietro Verri, Il Mulino, Bologna, 2002, pp. 40 sgg. e
passim.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Dicembre 2020
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)