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Sudditi milanesi schiavi dei barbareschi. Riscatti, procedure, profili 607
schiavi cristiani in terra islamica . Come in altre città italiane, l’Ordine
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riuscì a ottenere un ubi consistam a Milano, verosimilmente dopo aver
esercitato annose pressioni tra Madrid e Vienna. L’approdo milanese
dei padri fu anticipato da due lettere commendatizie (1697 e 1700)
dell’imperatore Leopoldo I agli arcivescovi milanesi e infine patrocinato
da un figlio naturale di Filippo IV, Fernando Gonzáles de Valdés, gover-
natore del Castello di Milano. Questi nel 1702 riuscì a introdurre in città
sei trinitari scalzi spagnoli ai quali il Consiglio dei Sessanta decurioni –
organismo municipale dell’oligarchia patrizia – fece dono della chiesa di
S. Maria di Caravaggio in contrada Monforte (Porta Orientale), al cui
possesso canonico i trinitari furono autorizzati dall’arcivescovo Archin-
to. Un breve di Clemente XI, 14 aprile 1703, accordava la facoltà di eri-
gere in formale convento il sodalizio religioso .
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Negli anni successivi l’intraprendenza dei religiosi diede diversi
frutti. La comunità in Monforte crebbe di numero, specialmente con
l’arrivo da Venezia, nel 1735, dei confratelli scalzi che avevano lasciato
il convento di Pellestrina, una volta guastatisi i rapporti con governo e
organismi civici della Serenissima . Il convento milanese acquisì or-
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taglie e locali ottenendo dalla Città e dal Magistrato Ordinario una se-
rie di esenzioni (dazio macina, carne, mercanzia) . Contestualmente i
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padri entravano nelle grazie di esponenti del ceto dirigente milanese –
il conte Carlo Arconati destinò loro un cospicuo legato – e difesero in
tutti i modi la propria autonomia dai superiori dell’Ordine, sotto l’om-
brello del patronato regio, concesso da Carlo VI e rinnovato in seguito
da Maria Teresa. I responsabili spagnoli, in effetti, a più riprese tenta-
rono di aggregare il convento di Milano alla costituenda ‘provincia
d’Italia’, dominata, si diceva, dai «piemontesi» . All’interno dello stesso
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convento milanese in quegli anni ebbe luogo un contrasto tra il nucleo
originario ispanico e i nuovi arrivati “veneziani”, ostilissimi al progetto
20 Cfr. P. Deslandres, L’Ordre des Trinitaires pour le rachat des captifs, 2 voll., Pri-
vat/Plon e Nourrit, Toulouse-Paris, 1903; in sintesi, G. Cipollone, Trinitari scalzi della
redenzione, Dbi, IX, 1997, coll. 1330 – 1371.
21 Privilegio confermato in seguito da una bolla del 3 dicembre 1715: Asmi, Archivio
del fondo di religione, b. 1362; S. Latuada, Descrizione di Milano, Milano, 1737, t. I (rist.
anastatica La Vita Felice, Milano, 1995 pp. 229-232).
22 Sulla vicenda, accennata in diverse relazioni milanesi (v. ultra), cfr. A. Pelizza,
«Restituirsi in libertà et alla patria». Riscatti di schiavi a Venezia tra XVI e XVIII secolo,
«Quaderni storici», a. 47 (2012), 2, pp. 341-383, alle pp. 360-364; Id., Riammessi a re-
spirare l’aria tranquilla: Venezia e il riscatto degli schiavi in età moderna, Istituto Veneto
di Scienze, Venezia, 2013, pp. 157 sgg.
23 Asmi, Archivio del fondo di religione, b. 1364.
24 Asmi, ag, Culto, p.a., b. 1817, fasc. “Aggregazione del convento di Milano alla
provincia d’Italia”.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Dicembre 2020
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)