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Sudditi milanesi schiavi dei barbareschi. Riscatti, procedure, profili 617
rispettive diocesi risultarono per lo più infruttuose. Nei registri parroc-
chiali di battesimo o i nomi non constavano, essendo forse errata l’in-
dicazione del luogo di nascita, o si rilevarono casi di omonimia. Sorse
il sospetto che taluno, per affrettare la propria liberazione, avesse dato
false generalità magari appropriandosi dell’identità altrui. Questi
scambi di persona non erano infrequenti, infatti, nel turbolento sce-
nario balcanico-mediterraneo . I tempi perciò si allungarono, anche
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per lo smarrimento di alcuni certificati di battesimo, a suo tempo spe-
diti dal padre Carlo di Milano al confratello Ambrogio, trinitario a Li-
vorno, e da questo al confratello Luigi da Firenze, procuratore a Tripoli.
Qui, infatti, la morte improvvisa del console austriaco (autunno 1754)
aveva incagliato tutto: era inutile e rischioso spedire i nuovi certificati
sinché non avesse preso servizio il nuovo console. I tripolini, dal canto
loro, sembravano approfittarne, seguendo l’esempio di «malafede dei
barbari algerini» riguardo ai trattati di commercio. Per liberare i pri-
gionieri milanesi, quindi, non restava «probabilmente più altra risorsa
che quella del contante» . La previsione era azzeccata. Sebbene nel
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luglio 1755 fosse finalmente giunto a Tripoli il nuovo diplomatico au-
striaco e «malgrado le diligenze [da lui] praticate», dalla Reggenza bar-
baresca si confermò l’«impossibilità di riscattar[e]» Giuseppe Pasquali
«se non vengono sborsati li 200 zecchini che si domandano» . A quel
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punto, il governo di Milano, con approvazione di Vienna, diede man-
dato al padre Carlo di prelevare la somma dalla cassa del convento
milanese. Giuseppe Pasquali fu così rilasciato nella tarda primavera
1756, giungendo a Milano, via Livorno, a fine giugno 1756. Restava in
sospeso il destino degli altri schiavi lombardi a Tripoli, per i quali da
Milano di nuovo si sollecitò l’intervento della corte viennese, affinché
facesse pressione sull’«inviato tripolino […] giunto per confermare la
pace» nella capitale austriaca .
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Pur mancando nella fonte di questa intricata vicenda i passaggi si-
gnificativi sul versante economico – chi e in che forma trasportò la
somma fino a Tripoli; chi condusse la trattativa con il padrone dello
schiavo Pasquali e con quali modalità; quale fu il prezzo effettivo con-
cordato e quali le spese e gli oneri diversi – si sono potute osservare
complesse triangolazioni tra i domini asburgici, la Reggenza libica e
l’Ordine trinitario. Le autorità milanesi e il convento trinitario in
40 Sulle falsificazioni di identità, cfr. ad es. G. Ricci, I turchi alle porte cit., p.105 sgg.
41 Un funzionario milanese al duca Sylva Tarouca, presidente del Consiglio d’Italia
a Vienna, 31 maggio 1755, Asmi, ag, Culto, p.a., b. 2170.
42 Lo riferisce Beltrame Cristiani, plenipotenziario a Milano, a Sylva Tarouca a
Vienna, 22 ottobre 1755; ivi.
43 Il marchese Corrado de Olivera, reggente, da Milano, al duca Sylva Tarouca a
Vienna, 12 ottobre 1756; ivi.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Dicembre 2020
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)