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L’informazione sui terremoti nella Monarchia ispanica (secoli XVI-XVII)   175


                    maggiore della Provincia pretende che essa città li paghi docati 90 il
                    mese per suo soldo, cosa insolita, e mai socessa» 123 .
                       Dopo le scosse sismiche una preoccupazione impellente delle auto-
                    rità ispano-imperiali fu il rischio che implicava la distruzione delle in-
                    frastrutture per la difesa del territorio dai nemici di Sua Maestà. Nel
                    Regno  di  Napoli,  avamposto  della  monarchia  contro  l’Impero  Otto-
                    mano, l’allusione ai turco-barbareschi era costante. Così Tiberio Ca-
                    rafa, Principe di Bisignano, comunicava alla corte vicereale il pericolo
                    che rappresentava il crollo delle torri lungo la costa tirrenica per il
                    terremoto del 1638: «torre di guardia nel Diamante per defesa di quel
                    fiume dove vanno li Turchi a far acqua e possono far danni» 124 . Mentre
                    nel 1659 il reggimento di Monasterazi sul litorale della Calabria Ultra
                    supplicava il viceré Peñaranda, che avvisasse Filippo IV sulla caduta
                    delle mura, «por estar cerca de la marina y espuesto a inbasiones de
                    enemigos» 125 .
                       Nei domini del Nuovo Mondo la posizione delle autorità coloniali
                    era tuttavia più precaria, perché gli avamposti erano circondati da
                    popolazioni, in genere, ostili alla presenza degli ultimi arrivati. Sulla
                    frontiera settentrionale della Monarchia Ispanica in America i rap-
                    presentanti degli Asburgo vivevano in uno stato psicologico di asse-
                    dio permanente. Nel 1568 il vescovo di Nuova Galizia, Pedro de Ayala,
                    indirizzò una lettera significativa a Filippo II, nella quale l’ecclesia-
                    stico rimarcò la difficoltà per colonizzare la regione, nonostante l’area
                    avesse miniere ricche d’argento, poiché le scorrerie degli indiani Ci-
                    cimechi erano continue  126 . In una situazione così fragile, un terre-
                    moto rappresentava una calamità irrimediabile, nel caso non fossero
                    arrivati aiuti dal viceré di Nuova Spagna o dalla corte di Madrid, «un
                    muy notable acontecimiento de temblores: no visto ny oydo seme-
                    jante en estas partes» 127 .
                       Tra la fine del Cinquecento e gli inizi del Seicento, l’amministrazione
                    ispanica delle Filippine affrontò difficoltà molto simili ai problemi della
                    Nuova  Galizia,  perché  l’arcipelago  asiatico  era  un  obiettivo  sia
                    dell’espansionismo giapponese sia delle razzie dei wakō, ossia i pirati





                       123  Ivi, vol. 69, s. f.  Viceré Medina de las Torres, Napoli 2 luglio 1638.
                       124  Ivi, vol. 70, s. f. Viceré Medina de las Torres a Roberto Dattilo, Napoli 22 luglio
                    1638.
                       125  Ags, Secretarias Provinciales, Legajo 30, s. f. Sintesi delle relazioni inviate dalle
                    università della Calabria Ultra, Napoli 29 novembre 1659.
                       126  P.W. Powell, La Guerra Chichimeca (1550-1600), Fondo Cultura Económica, Mé-
                    xico DF, 1977.
                       127  Agi, Guadalajara, 51, l. 1, n. 132, ff. 418v-419r. Pedro de Ayala a Filippo II, Gua-
                    dalajara 9 marzo 1568.


                                                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVIII - Aprile 2021
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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