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                la mar del sur se tiene por experiencia se causan en ella cada año muy
                grandes temblores» 134 .
                   Un modello diverso, invece, fu seguito da alcuni spazi che erano
                soggetti soltanto al controllo del monarca come le fortezze del Nord
                Africa, dove qualsiasi supplica era rivolta senza intermediari alla corte.
                Dal presidio di Bona, non a caso, Zagal sollecitò aiuti a Francisco de
                los Cobos per la situazione drammatica del bastione dopo il terremoto
                del 1539: «quedamos tan faltos de todo lo necesario assi de provisiones
                como de municiones»  135 . In alcune occasioni, inoltre, le autorità locali
                potevano avere interessi opposti alle istituzioni di riferimento, per cui
                le notizie sul terremoto erano mandate a un livello più alto dell’ammi-
                nistrazione; un esempio rappresentativo furono i resoconti e le peti-
                zioni inviate dalle Filippine a Madrid, senza passare per il viceré di
                Nuova Spagna: «fue Nuestro Señor servido que temblase la tierra con
                tanta fuerza que se vio esta Republica en el maior desconsuelo» 136 .
                   Quando fu potenziato il sistema dei consigli territoriali, durante il
                regno di Filippo II, le notizie sui disastri naturali dei diversi domini, in
                teoria, erano valutate da questi organi collegiali che, successivamente,
                informavano il sovrano con l’obiettivo di prendere la decisione più con-
                veniente; eppure le distanze rendevano difficile una gestione dall’alto
                dell’emergenza. Lo stesso Consejo de Italia più vicino ai propri territori,
                almeno rispetto a quello delle Indias, tese a delegare la governance dei
                sismi alle istituzioni locali. La vicenda più esemplificativa fu il terre-
                moto calabrese del 1659, uno dei disastri che avrebbe lasciato mag-
                giori tracce negli archivi centrali della monarchia. Come anticipato, il
                Consejo de Italia approvò tutte le decisioni del conte Peñaranda che
                difese nella relazione per Filippo IV. In fondo che senso avrebbe avuto
                contestare le decisioni del viceré dopo due mesi dal sisma?
                   Nella Monarchia Ispanica, dunque, la gestione politica dei terremoti
                seguì modelli basati sulla tradizione e su un certo pragmatismo, la
                corte  continuò  ad  affidare  la  governance  alle  istituzioni  più  vicine
                all’epicentro. Sebbene l’amministrazione asburgica aspirasse a un si-
                stema uniforme nella trasmissione delle notizie sulle emergenze sia
                naturali sia politiche, la comunicazione nell’età moderna ruppe gli ar-
                gini di qualsiasi canale prestabilito, cosicché i dati giunsero alla élite


                   134  Agi, México, 1090, l. 6, ff. 137r-v. Filippo II all’audiencia de México, Madrid 27
                luglio 1570. Sulla rifondazione di città in America Latina a causa dei disastri naturali:
                A. Musset, Mudarse o desaparecer. Traslado de ciudades hispanoamericanas y desa-
                stres (siglos XVI-XVII), in V. García Acosta (a cura di), Historia y desastres cit., pp. 23-
                45.
                   135  Ags, Estado, Costas de África y Levante, Legajo 467, f. 8. Alvar Gómez a Francisco
                de los Cobos, Bona 19 febbraio 1539.
                   136  Agi, Filipinas, 23, r. 17, n. 53. Audiencia de Manila a Carlo II, Manila 4 giugno
                1678.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVIII - Aprile 2021
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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