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Abolire il gioco per placare l'ira divina                        183


                       La convenienza risultò evidente: alla fine del Seicento si poteva gio-
                    care al lotto anche a Milano, Roma, Torino e Napoli. Il Settecento fu il
                    secolo della definitiva affermazione, in altre città della penisola italiana
                    e nei paesi europei. La legalizzazione e l’avocazione da parte dello Stato
                    (con gestione in appalto o diretta) rimasero però un problema costante.
                    Alle ragioni dell’erario pubblico si opponevano le condanne religiose e
                    morali. Del resto, le dispute sulla liceità, le veementi condanne e le
                    persecuzioni sono parti integranti della lunga storia del gioco aleato-
                    rio . Pesava sul lotto la distinzione, di ascendenza tomista, tra giochi
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                    leciti e quelli illeciti mossi dall’avidità di guadagno, occasioni di vizi e
                    di peccati. Certo, questi aspetti potevano essere mitigati dalle finalità
                    benefiche associate al gioco, che ne giustificavano in qualche modo la
                    gestione pubblica. È il caso della beneficiata napoletana, nota anche
                    come  ‘seminario  delle  zitelle’.  Ognuno  dei  novanta  numeri  (inizial-
                    mente tra gli ottanta e i novanta) dai quali si estraevano i cinque vin-
                    citori era infatti abbinato al nome di una ‘donzella’ povera. In caso di
                    estrazione, la ragazza riceveva la dote finanziata dal montepremi rac-
                    colto.
                       Il lotto poteva essere tollerato, non c’erano invece dubbi sull’esecra-
                    zione dei sentimenti e delle pratiche che lo accompagnavano: bramosia
                    di denaro, concezione blasfema della provvidenza divina, rituali magici
                    o addirittura demoniaci. Agli argomenti tradizionali si aggiunsero pre-
                    sto quelli delle nuove correnti filosofiche. Philosophes ed economisti
                    unirono la loro voce contro lotto e lotterie, che avrebbero rappresen-
                    tato un motivo di dilapidazione dei patrimoni familiari e un’illusione
                    di ascesa sociale promotrice dell’inattività tra i poveri. Questi temi con-
                    fluirono nel dibattito ottocentesco sul controllo delle classi sociali pe-
                    ricolose, di quel popolo che si affidava alla fortuna e alla superstizione
                    per migliorare le proprie condizioni di vita. Il lotto veniva stigmatizzato
                    in quanto opposto all’etica del lavoro, e Napoli ne divenne il luogo di
                    elezione. Il rito collettivo dell’attesa e dell’estrazione dei numeri fu ri-
                    tenuto illusorio e foriero di azioni criminali per la misera plebe urbana.
                    Basti pensare alle celebri pagine sul lotto come «acquavite di Napoli»,
                    scritte da Matilde Serao a ridosso dell’epidemia di colera del 1884 .
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                       Nel suo importante studio incentrato sul periodo borbonico, Paolo
                    Macry ha discusso queste rappresentazioni, mostrandone le genealo-
                    gie culturali e il carattere di prisma deformante. La consuetudine del
                    gioco riguardava, in realtà, tutte le classi sociali, all’interno di un si-
                    stema  in  equilibrio  economico  e  culturale:  da  un  lato,  c’era  la


                       5  Cfr. la sintesi di C. Morin, La roue de la fortune. Les jeux de hasard de l’antiquité à
                    nos jours, Le grand livre du mois, Paris, 1991.
                       6  M. Serao, Il ventre di Napoli (1884), a cura di A. Pascale, Bur, Milano, 2016, pp.
                    60-65.


                                                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVIII - Aprile 2021
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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