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                assistita con distinti riguardi» , aveva causato un «vuoto d’impieghi»
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                alle «naturali [per il Ducato di Milano] manifatture del lino e della seta».
                Una conclusione che, come metteva in evidenza, aveva mutuato da un
                passo di Bielfeld, laddove, nelle Institutions Politiques, il barone scri-
                veva che gli sembrava un errore «capitale» della politica europea «ta-
                gliare la gola» alle manifatture che nel Continente valorizzavano le fibre
                locali  per  rifornirsi  nel  Bengala  –  Scorza  precisava  «noi  diremo  a
                Smirne o a Salonicco» – di cotone o di tele come le «mussoline» o le
                «indiane» .
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                   L’eccezione – a giudizio di Scorza – era costituita dalle «bombasine»
                e dai fustagni, tessuti misti in cotone e lino; e per due motivi. Perché
                erano tele realizzate nello Stato di Milano (soprattutto nel Cremonese
                e nel Gallaratese) molto richieste dai «contadini» sia lombardi sia di
                altre realtà statuali e costituivano quindi una voce attiva del commer-
                cio con l’estero del Ducato. Inoltre perché erano prodotte impiegando
                non soltanto cotone nella trama, ma anche i «nostri lini» nell’ordito.
                   Alle riflessioni sui dati positivi emersi dal bilancio del 1778 faceva
                seguito una tanto amara quanto realistica osservazione sullo stato nel
                quale versava la produzione di «bombasine» e di fustagni all’atto della
                redazione di queste pagine. Scorza scriveva nel 1783 , soltanto un
                                                                     10
                lustro dopo la compilazione dei registri doganali dai quali aveva estra-
                polato i dati per la compilazione del bilancio di commercio, ma la si-
                tuazione era mutata da allora, e non in meglio. Dal 1780, infatti, To-
                rino aveva esteso anche ai «Territori di nuovo acquisto», un tempo lom-
                bardi, la riscossione di un dazio sulle importazioni di «bombasine» ap-
                plicato in Piemonte fin dal 1728. Il provvedimento del 1780 aveva in-
                flitto un duro colpo alle esportazioni verso quelle terre delle stoffe «mi-
                ste» realizzate nell’Alto milanese, che già scontavano la concorrenza di
                produzioni simili tessute a Vercelli, a Biella, a Chieri, a Tortona, a No-
                vara e in altre «fabbriche […] novelle che si [andava]no spargendo nelle
                terre Sarde di fronte a […] Gallarate e Busto col favore» di Torino. E
                mentre Scorza auspicava una decisa risposta alla politica sabauda da
                parte delle autorità milanesi, alle «bombasine» e ai fustagni lombardi
                stava  per  essere  precluso  l’accesso  al  mercato  veneto.  Nel  1784  la



                   8  B. Caizzi, Industria, commercio e banca in Lombardia nel XVIII secolo, Banca Com-
                merciale Italiana, Milano, 1968, pp. 72-85; A. Moioli, Assetti manifatturieri nella Lom-
                bardia politicamente divisa della seconda metà del Settecento, in S. Zaninelli (a cura di),
                Storia dell’industria lombarda, vol. I: Dal Settecento all’unità politica, Il Polifilo, Milano,
                1988, pp. 95-96.
                   9  Institutions Politique, par Monsieur Le Baron de Bielfeld, Chez J.F. Bassompierre,
                Liege, 1768, t. I, pp. 416-417.
                   10  Vds, p. 63.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVIII - Aprile 2021
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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