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I mercanti della «nazione napolitana» a Palermo nel Settecento 399
lo, scascio) e la descrizione dettagliata di ciascuna di esse, con indica-
zione del capitano di nave o del padrone di piccola imbarcazione, della
provenienza e della destinazione. In questi registri ‒ in tutto 192, dal
1584 al 1824 ‒ non sono, però, elencate tutte le merci che transitavano
dalla porta di mare della Doganella, le cui separate scritture erano
tenute dai regi custodi e da un collettore operanti nella stessa; queste
note contabili, purtroppo, non sono disponibili, con lʼeccezione di po-
chi spezzoni .
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I responsali, quindi, non offrono il quadro completo del movimento
merci via mare, né di tutti i natanti in entrata e in uscita dal porto di
Palermo, ma ne segnalano la parte più consistente. La ragione di que-
sta frammentazione delle fonti doganali, che di certo complica il lavoro
di sintesi degli studiosi, scaturiva da provvedimenti che, tempo per
tempo, venivano adottati per esigenze organizzative e per elevare la
capacità di controllo delle autorità sullʼoperato dei propri officiali in-
caricati nelle diverse porte della città. Pertanto, solo lʼutilizzo con-
giunto delle fonti (ʻraziociniʼ della confraternita, responsali della Do-
gana grande e spezzoni delle scritture della Doganella) porta a deli-
neare i caratteri essenziali dellʼattività dei «napolitani». Dallʼarchivio
della confraternita, infatti, esclusivamente in un caso, poche carte
sciolte ci informano del valore delle merci trattate nel 1780-1781 da
85 mercanti, identificabili per nome e provenienza ; dati che, tuttʼal
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più, valgono a calcolare i valori medi procapite delle operazioni riferi-
bili ai quattro principali gruppi di campani e calabresi: 360 onze per i
vicaioli, 203 per i vietresi, 168 per i napoletani e 163 per i bagnaroti .
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Ma è grazie alla documentazione doganale che si può accertare, sin
dai primi decenni del Settecento, il numero elevato di immissioni di
panni delle fabbriche francesi, inglesi, dei regni settentrionali della pe-
nisola e di Napoli dal cui porto venivano estratte verso Palermo; non-
ché lʼafflusso ancora notevole di seta «cruda a matassa di mangano»
dallʼarea messinese , almeno per buona parte di quel secolo. La seta
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veniva consumata soprattutto nella capitale e anche riesportata;
26 Ivi, vol. 2047, in particolare dieci elenchi mensili tra c. 485r e c. 777v relativi a
due anni indizionali 1743-1744 e 1744-1745.
27 Asp, Confr, b. 137, cartella 1, «Nazionali Napolitani che han pagato le grana 2 per
onza» nella porta della Doganella e alla Gran Dogana, 1779-1787.
28 Ivi, «Nazionali Napolitani che hanno pagato le grana 2 alla Nostra Chiesa di S.
Giovanni Battista dal primo di settembre 1780 a tutto agosto 1781», carte non nume-
rate.
29 Asp, Sec, res, reg. 1709, 1745-1746; su 1.042 operazioni registrate il 74% è costi-
tuito da importazioni e tra queste, al primo posto, quelle della seta dallʼarea messinese
(Milazzo, Mistretta, Naso, Patti, S. Agata, S. Angelo, S. Marco) per circa 219 mila libbre
(pari a 69,423 tonnellate). Nelle operazioni di imballo dei panni i mercanti trapanesi
risultano ancora i più attivi e numerosi, seguiti dai palermitani e da quelli di Vietri e da
pochi di Napoli.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVIII - Agosto 2021
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)