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I mercanti della «nazione napolitana» a Palermo nel Settecento   417


                       Altri e numerosi diritti gravavano su ogni varietà di generi: la «ga-
                    bella dellʼoglio» e quella «sopra i minuti» (vermicelli, maccheroni e altre
                    paste, crete cotte, mirto, pesce salato), la gabella degli zuccheri, del
                    fiore, del biscotto, del sale, del luogo di bastimento, dellʼancoraggio e
                    non  sempre  le  singole  entrate  andavano  ad  alimentare  le  casse  del
                    regio Erario.
                       La Tab. IV mostra, quindi, una selezione dei dazi principali pagati
                    dai ʻregnicoliʼ che, tuttavia, non rappresentavano lʼunico costo da so-
                    stenere. Panni e telerie, infatti, erano soggetti anche ai diritti spettanti
                    ai «canniatori e tareggiatori» della Dogana grande che, diversamente
                    da altri addetti, non percepivano alcun soldo ‒ né fisso, né variabile ‒
                    a carico della Secrezia. Avevano il compito di misurare con la canna
                                                                                       98
                    tele, drappi e panni, mentre i tessuti «a pezza», la cui stima di valore
                    competeva al «Credenziere deʼ panni», dovevano essere rivisti da loro
                    per «formarne scrittura» .
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                       Lʼentità di questi diritti poteva essere consistente, perché le dispo-
                    sizioni  doganali  prevedevano  un  tariffario  molto  articolato  e  detta-
                    gliato, da un minimo di 10 grani a un massimo di 4 tarì per singola
                    «pezza», in relazione al tipo di stoffa; così, per esempio, 1 tarì per ogni
                    pezza di saje di Avignone, 2 per i panni padovani e di Genova, 3 per
                    quelli di Olanda, 4 per le «sagovie» di Spagna, di Francia e di Olanda,
                    ecc. 100 .

                       L’esorbitanza de’ dritti, che riscuotono i Canniatori ‒ si legge in uno dei
                    tanti reclami dei positanesi ‒ si manifesta dalla circostanza, che giungono or-
                    dinariamente a metà, e tal volta a due terze parti de’ dritti Reali locché importa
                    una  quasi  duplicazione  delle  Regie  imposte.  Né  l’eccesso  consiste  soltanto
                    nella quantità de’ dritti, ma si pretendono da loro questi dritti medesimi in
                    moltissime  spedizioni,  in  cui  giusta  le  regole  della  Dogana  non  potrebbero
                    quell’Ufficiali esiggere dritto veruno cioè quando la spedizione si fa delle merci
                    a pezze e non a canna 101 .

                       I «canniatori» avevano, ovviamente, tutto lʼinteresse ad applicare un
                    diritto diverso da quello pertinente, al fine di incrementare il compenso
                    loro spettante. Questo sistema di riscossione, articolato su diritti regi,
                    civici (quali il «Nuovo imposto», che veniva pagato sulle importazioni
                    da fuori Regno, ma il cui ammontare confluiva nelle casse del comune)



                       98  La canna siciliana di 8 palmi equivaleva a m. 2,064.
                       99  Asp, Ma, serie II, ms. 40, «Istruzioni e pandette della Dogana cit.», § 29.
                       100  Ivi, ms. 41, «Codice doganale», “Dritti spettanti alli Regj Canniatori”, pp. 618-622.
                       101  Asp, Rsi, b. 5301, «Memoriale de’ Negozianti di questa Capitale», non firmato e
                    non datato ma allegato a lettera datata Palermo, 11-10-1788, indirizzata all’avvocato
                    fiscale della Giunta di Ispezione delle Dogane, don Agostino Tetamo.


                                                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVIII - Agosto 2021
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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