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I vini piemontesi nel Nuovo Mondo: le prime spedizioni ottocentesche   441


                    Monferrato, del Canavese, del Vercellese, del Novarese, del Biellese,
                    d’Alba, di Valenza, di Cuneo, di Saluzzo, di Susa e di Pinerolo , nono-
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                    stante il dazio protettore del 50% sui vini introdotti nel Regno dai mer-
                    cantili esteri (17 gennaio 1825), riuscivano a malapena a varcare il
                    confine ligure, con i genovesi che preferivano degustare i vini della Ca-
                    talogna e della Linguadoca. Le stesse vigne del Genovesato e delle Ri-
                    viere, nonostante alcune eccellenze nei vini bianchi della provincia di
                    Genova, nei vini bianchi delle Cinque Terre e nei vini moscati di Tag-
                    gia, producevano una quantità di vino appena sufficiente per la con-
                    sumazione interna, con i soli stabilimenti ʻOudart & Bruchéʼ di Ca-
                    stello  e del signor Banhert di Sampierdarena in grado di fabbricare
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                    vini fini simili a quelli rinomati di Champagne e capaci di resistere ai
                    lunghi viaggi via mare . Infine, rimanevano praticamente circoscritti
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                    nel circondario i vini della Savoia, della Valle d’Aosta, che produceva
                    soltanto 22.45 ettolitri all’anno (perlopiù Torrette di Saint-Pierre, Mal-
                    vasia d’Aosta, Moscatello e Chiaretto di Chambave) , e dell’isola di
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                    Sardegna, che produceva vini di qualità simili a quelli di Sicilia ma
                    decisamente più costosi al dettaglio .
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                       2. Arretratezza dell’enologia sabauda e, d’altra parte, superiorità di
                    quella estera.
                       Mentre nel Regno di Sardegna ancora intorno alla seconda metà
                    degli anni ’40 si discuteva sull’utilità o meno di chiarificare, solforare
                    e zuccherare i vini per renderli atti alla traversata atlantica , già nel
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                       64  L. Bulferetti, R. Luraghi, Agricoltura, industria e commercio in Piemonte dal 1814
                    al 1848, Istituto per la storia del Risorgimento italiano, Torino, 1966, pp. 27-32.
                       65  Louis Oudart, commerciante di vini originario di Reims, a partire dal 1843 svolse
                    un’avanguardistica opera di consulenza vitivinicola per le tenute di diversi nobili pie-
                    montesi e liguri dai quali acquistava il vino. P. Berta, Una tenuta nobiliare del 1800: il
                    podere di Grinzane del conte di Cavour, in G. Mainardi (a cura di), Il vino piemontese
                    nell’Ottocento. Atti dei Convegni Storici OICCE 2002-2003-2004, Edizioni dell’Orso, Ales-
                    sandria, 2004, pp. 25-43.
                       66  L. Zenone Quaglia, Prospetto per ordine alfabetico dell’attuale industria fabbrile e
                    manifattrice genovese, Tipografia di Giuseppe Fodratti, Torino, 1846, pp. 235-236.
                       67  L. F. Gatta, Saggio sulle viti e sui vini della Valle d’Aosta, in R. Ragazzoni (a cura
                    di), Repertorio d’agricoltura e di scienze economiche ed industriali, vol. IV, Tip. Vitali e
                    Comp., Vigevano, 1836, p. 414.
                       68  G. Monteregale, Sul commercio dei vini del Piemonte, in R. Ragazzoni (a cura di),
                    Repertorio d’agricoltura e di scienze economiche ed industriali, vol. IV, Tip. Speirani e
                    Ferrero, Torino, 1846, pp. 52-53.
                       69  Discussione ben esemplificata dalla diatriba, riportata sul Repertorio d’agricoltura
                    del professor Rocco Ragazzoni (1846), tra il conte Piuma di Prasco, direttore del Comizio
                    Agrario d’Acqui, e il signor Monteregale, direttore del Comizio Agrario di San Giuliano
                    Piemonte, intorno alla convenienza o meno di esportare i vini sardi nel Nuovo Mondo. Il
                    signor Monteregale sosteneva la necessità di chiarificare e di aggiungere una certa dose
                    di  alcol  ai  vini  subalpini  per  scongiurare  l’intorbidamento  e  renderli  atti  ai  mercati


                                                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVIII - Agosto 2021
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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