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442 Luca Lavarino
1838 la Francia aveva dimostrato come queste operazioni, tutte ten-
denti a danneggiare il ʻbouquetʼ del vino, potevano facilmente essere
rimpiazzate impiegando l’acido tartarico .
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La superiorità dei vini di Francia, ma anche di Portogallo, di Sicilia
e di Spagna, derivava dunque dall’utilizzo nei processi della vinifica-
zione di metodi più moderni e più efficaci, e non da un clima migliore
o da una superiore qualità delle uve, con il risultato che mentre i vini
subalpini non erano in grado di reggere i viaggi oltre l’Equatore, e già
in primavera facevano fatica a viaggiare nel Regno, i principali vini
europei spadroneggiavano nel commercio internazionale, con il vino
francese addirittura predominante in Liguria .
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Nonostante gli sforzi del generale Paolo Francesco Staglieno per rin-
novare l’enologia piemontese , l’export vinicolo sabaudo rimase sem-
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pre minoritario e, anzi, finì col contrarsi sempre più in piccole partite
di paccottiglia. Secondo le statistiche della dogana di Genova, nel 1843
americani (come consigliato dal generale Staglieno), mentre il conte Piuma di Prasco era
contrario sia alla chiarifica con l’albume o con la colla di storione, colpevole di rendere
i vini troppo chiari, sia alla solforazione, colpevole invece di alterare il colore rosso del
vino in un giallognolo-granata poco apprezzato dai compratori. P. di Prasco, Sul miglio-
ramento dei vini del Piemonte cit., pp. 41-42.
70 Nel dicembre del 1837 il farmacista francese Pierre Batilliat, autore del famoso
Traité sur les vins de la France (1846), aveva travasato in sei botti, della capacità di
225 litri caduna, del vino rosso di Mâcon (raccolte 1832 e 1834) e quattro ettolitri di
vino bianco dello stesso luogo. Aggiunse poi a ogni botte 225 grammi d’acido tartarico
e 25 grammi di detto acido a ciascun ettolitro di vino bianco e spedì tutti i barili,
cerchiati e ben disposti, a Calais e a Le Havre, dove vennero caricati a bordo dell’ʻAl-
cioneʼ nei primi giorni di maggio del 1838. Il bastimento toccò il porto di Santo Do-
mingo il 27 luglio 1838 e ritornò in Francia il 23 settembre 1838, con i vini che dopo
cinque mesi di viaggio via mare si erano perfettamente conservati: con questo saggio,
Batilliat mostrò come un grammo d’acido tartarico per litro di vino rosso e un quarto
di grammo d’acido tartarico per litro di vino bianco fossero sufficienti per preservare
i vini dai calori dei tropici, dal barcollamento delle navi e dall’odore infetto della stiva.
P. Batilliat, Conservazione de’ vini coll’acido tartarico, in R. Ragazzoni (a cura di), Re-
pertorio d’agricoltura e di scienze economiche ed industriali, vol. XI, Tipografia di An-
tonio Colleoni, Varallo, 1850, pp. 387-388.
71 P. F. Staglieno, Istruzione intorno al miglior modo di fare e conservare i vini in Pie-
monte cit., p. 5.
72 Il patrizio genovese Paolo Francesco Staglieno, maggiore generale e governatore
della fortezza di Bard, dopo essere stato enologo di fiducia del conte Camillo Benso di
Cavour a Grinzane, fu chiamato da re Carlo Alberto per dirigere le vigne e le cantine
della Tenuta Reale di Pollenzo, centro di eccellenza vitivinicola che comprendeva anche
i vigneti di Verduno, Roddi e Santa Vittoria d’Alba. Il vino ivi prodotto nel periodo 1836-
1846 fu felicemente spedito in America, con lo stesso generale Staglieno, autore dello
storico volume Istruzione intorno al miglior modo di fare e conservare i vini in Piemonte
(1837), che fu sempre convinto assertore della competitività che i vini piemontesi avreb-
bero potuto raggiungere sul mercato nazionale e internazionale. G. Mainardi, P. Berta
(a cura di), Il vino del generale. Le lettere di Paolo Francesco Staglieno enologo di Carlo
Alberto (1837-1843), Edizioni OICCE, Canelli, 2015.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVIII - Agosto 2021
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)