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438 Luca Lavarino
Da una lettera del conte Piuma di Prasco, direttore del Comizio
Agrario di Acqui, sappiamo invece con certezza che un bastimento li-
gure trasportava annualmente a Montevideo un’esigua quantità di
vino proveniente dalle campagne vicine a Finale (Riviera di Ponente)
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– vino né chiarificato né solforato e neanche sottoposto all’aggiunta di
alcol, imbarcato come paccottiglia «per gusto di alcuni genovesi colà
dimoranti» – e che ebbero luogo anche diverse spedizioni di bottiglie
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dell’Alto Monferrato (Acqui e Ovada in primis), tutti vini di ottima qua-
lità, alcolici, limpidi e ben provvisti di fragranza (ʻbouquetʼ), che si av-
vicinavano molto ai vini del sud della Francia tanto amati dagli uru-
guaiani . Tali spedizioni furono confermate anche da Gaetano Ga-
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vazzo, console generale di Sua Maestà a Montevideo, che in una nota
datata 29 aprile 1848 segnalava inoltre come i vini dell’Astigiano e del
Monferrato, oltre a venir consumati in discrete quantità dai numerosi
emigrati italiani, iniziavano a essere apprezzati anche dai sudditi uru-
guaiani.
Secondo il console Gavazzo, una volta terminata la Guerra Grande,
il vino piemontese avrebbe potuto trovare un considerevole smercio
nella Banda Orientale, ma soltanto a patto che venissero abbattuti i
costi, le spese di trasporto e impiegati botti o barili atti alla lunga tra-
versata atlantica: «un siffatto trovato, che sarebbe di un immenso van-
taggio pel sicuro trasporto dei citati vini, parmi dovrebbe meritare la
particolare attenzione delle società patrie di incoraggiamento e venire
perciò sottoposto dalle medesime a concorso» .
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Il vino era un articolo molto ricercato e consumato anche sull’altra
sponda del Rio della Plata, ovvero quella argentina. La vite coltivata
nelle province di Mendoza e di San Juan veniva infatti utilizzata esclu-
sivamente per preparare l’uva passa e l’acquavite: la prima trovava
sbocco sui mercati bonaerensi e cileni, la seconda nelle province di
Cordoba e di Tucuman. Qui, nonostante la presenza di grandiosi vi-
gneti, il vino non veniva prodotto a causa della mancanza di legname
adatto alla costruzione delle ceste e a causa delle ingenti spese di tra-
sporto che avrebbero superato i ricavi delle potenziali vendite.
Durante la secolare dominazione spagnola gli argentini avevano co-
nosciuto unicamente il vino rosso della Catalogna, ma in seguito all’ot-
tenuta indipendenza (c. 1810-1818) impararono ad apprezzare anche
53 Si trattava molto probabilmente del vino di Giorgio Gallesio, l’autore della celeber-
rima Pomona Italiana. A. Roversi, La pomologia astigiana di Giorgio Gallesio, in S. Mon-
taldo (a cura di), Il Risorgimento nell’Astigiano nel Monferrato e nelle Langhe, Cassa di
Risparmio di Asti, Asti, 2010, pp. 84-86.
54 P. di Prasco, Sul commercio dei vini comuni del Piemonte cit., pp. 338-339.
55 Ibidem, pp. 338-339.
56 Ast, Cn Montevideo, mazzo 1, Montevideo, 29 aprile 1848, n. 87.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVIII - Agosto 2021
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)