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I vini piemontesi nel Nuovo Mondo: le prime spedizioni ottocentesche 443
furono spediti oltreoceano 18.269 ettolitri di vino in bottiglie e 646
ettolitri di vino in fusti, nel 1844 12.399 ettolitri di vino in bottiglie e
115 ettolitri di vino in fusti, e nel 1845 soltanto 7.008 ettolitri di vino
in bottiglie e 108 ettolitri di vino in fusti: una diminuzione di oltre il
30% in tre anni , mentre la vicina Francia nella stessa epoca riusciva
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a inviare in tutto il globo una quantità di vino spumante (Champagne
di Chalons, d’Eparnay e di Reims) doppia rispetto a quella consumata
all’interno del paese .
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3. Contributo praticamente nullo dato dalle società per l’esporta-
zione dei vini piemontesi all’estero.
La scelta del Regno Lombardo-Veneto di raddoppiare il diritto d’en-
trata sui vini piemontesi (17 aprile 1846) – provvedimento particolar-
mente grave per il commercio sabaudo soprattutto considerando il
fatto che circa 2/3 dei vini consumati in Lombardia provenivano dai
colli del Novarese (Fara, Sizzano, Ghemme, Romagnano, Grignasco,
Maggiora, Boca, Cavallirio e Santa Cristina) – riaccese il dibattito sulla
condizione dell’enologia e fece sorgere, con l’approvazione carloalber-
tina, delle società anonime incaricate di smerciare i vini piemontesi
all’estero .
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Le più importanti furono la ʻSocietà per l’esportazione dei vini indi-
geniʼ di Torino, con un progetto di statuto da 10.000 azioni di 100 lire,
e la ʻCompagnia enologico-commercialeʼ, promossa dal generale Sta-
glieno e fondata da 1.000 azioni di 500 lire, con il conte Antonio Piola
che mise a disposizione della compagnia le cantine, i vasi vinari, i tor-
chi, gli attrezzi e le vigne del suo possedimento di Rivarone per la pro-
duzione delle prime 1.500 brente di vino da esportare .
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Ad ogni modo, il loro contributo fu praticamente nullo. I savi con-
sigli provenienti dai consolati del Brasile, degli Stati Uniti e della Plata
furono sistematicamente ignorati e, alla fine, prevalse in Piemonte la
corrente avversa alle spedizione atlantiche («la speranza di procurare
ai nostri vini uno spaccio oltremare è una vera utopia») . Così, infatti,
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concludeva in merito il conte Piuma di Prasco:
73 P. di Prasco, Riflessioni sopra i vini comuni del Piemonte, in R. Ragazzoni (a cura
di), Repertorio d’agricoltura e di scienze economiche ed industriali, vol. IV, Tip. Speirani
e Ferrero, Torino, 1846, p. 168.
74 Statistica del vino di Champagne, in R. Ragazzoni (a cura di), Repertorio d’agricol-
tura e di scienze economiche ed industriali, vol. VI, Tip. Speirani e Ferrero, Torino, 1847,
p. 466.
75 L. Lavarino, La politica ferroviaria intrapresa da Carlo Alberto: il Piemonte al centro
del commercio internazionale cit., pp. 101-102.
76 Il conte Antonio Piola fu grande promotore, oltre che dello sviluppo agricolo del
Regno, anche delle strade ferrate piemontesi. Ivi, pp. 14-16.
77 G. Monteregale, Sul commercio dei vini del Piemonte cit., p. 54.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVIII - Agosto 2021
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)