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«Usque ad coelum, usque ad inferos». Dal feudo all’allodio... 447
tratto caratterizzante e inscindibile) destinata a consolidarsi negli
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anni successivi.
I due processi procedettero quasi di pari passo, favoriti da una
serie di provvedimenti da parte della monarchia – «la esperienza delle
rivoluzioni condusse que’ ministri a principj più moderati» –, che
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intervennero a smantellare i residui feudali attraverso una vasta ope-
razione di svincolamento e cessione di beni fondiari in gran parte
compromessi e gravati da ipoteche, che in tal modo divennero allo-
diali o passarono di mano. Tale era la situazione nel momento in cui
entrarono in vigore quelle misure che resero esecutiva l’abolizione
giuridica della feudalità: «Nel 1824 fu promulgata una legge […] in
esecuzione di quella del 1817 […]. Restava però altro ostacolo gravis-
simo a togliersi per liberare molti fondi. I grandi Possidenti di Sicilia
erano gravati da debiti, che chiamavano soggiogazioni. Provenivano
questi dagli assegnamenti delle vite milizie ai Cadetti, dalle doti alle
figlie, o da altre cause gravanti gl’inalienabili feudi e fedecommessi»;
questi ingenti debiti, infatti, «garantiti da ipoteche generali col de-
corso dei secoli erano ascesi a tal somma, che assorbivano la metà
ed anche più della rendita. […] A tale sconcerto rimediò finalmente il
Governo […] coll’autorizzare i possidenti a soddisfare il capitale e i
frutti arretrati delle soggiogazioni coll’assegnare tanti beni in paga-
mento», di modo che «alcuni latifondi liberati dalle servitù e dai vin-
coli, sono già divisi fra piccioli proprietarj con grande vantaggio loro
e del pubblico» .
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L’estensore dell’ottimistica analisi mancava però di rilevare che
l’assegnazione dei beni era stata in misura prevalente endogena, ov-
viamente con alcune eccezioni . Infatti, il passaggio dal feudo al la-
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tifondo raramente comportò una reale modernizzazione dell’assetto
proprietario, e di conseguenza di quello produttivo, anche quando ve
ne furono le possibilità e le condizioni . Emblematico fu il caso dello
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7 A. Giuffrida, L’abolizione della feudalità e il culto degli onori nella Sicilia del 1812,
in R. Cancila, A. Musi (a cura di), Feudalesimi nel Mediterraneo moderno, Quaderni Me-
diterranea ricerche storiche, Palermo, 2015, t. I, pp. 289-305; A. Signorelli (a cura di),
Le borghesie dell’Ottocento. Fonti, metodi e modelli per una storia sociale delle élites, Si-
cania, Messina, 1988.
8 A. Coppi, Discorso sull’agricoltura di Sicilia letto nell’Accademia Tiberina il dì 10
aprile 1837, Tipografia Salviucci, Roma, 1839, p. 16.
9 Ivi, pp. 16-17. Per il Nisseno si veda il caso dei Morillo di Trabonella, che riuscirono
a consolidare un potere politico-economico, in parte legato all’industria e alla specula-
zione mineraria, in grado di resistere anche ai diversi mutamenti istituzionali: P. Di
Gregorio, Nobiltà e nobilitazione nel lungo Ottocento, «Meridiana», 19 (1994), pp. 83-112.
10 G. Giarrizzo, Un comune rurale della Sicilia etnea (Biancavilla 1810-1860), Società
di storia patria per la Sicilia orientale, Catania, 1963.
11 O. Cancila, Vicende della proprietà fondiaria in Sicilia dopo l’abolizione della feuda-
lità, in F. Lomonaco (a cura di), Cultura, società, potere. Studi in onore di Giuseppe
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVIII - Agosto 2021
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)