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                 influito l’opinione maturata al riguardo l’anno prima da papa Pio VII,
                 il quale al termine delle accurate indagini erudite condotte dai cardinali
                 della Congregazione dei Riti per certificare l’esistenza del patrono di
                 Napoleone, aveva infine accettato le disposizioni contenute nel decreto
                 imperiale del 19 febbraio 1806 e, quindi, ammesso la regolare esecu-
                 zione della festività nelle diocesi. Una scelta, quella del pontefice, che
                 oltre a essere dipesa dall’esigenza di non sconfessare pubblicamente
                 l’operato del legato a latere della Santa Sede a Parigi Giovanni Battista
                 Caprara Montecuccoli – che nel marzo del 1806, con la pubblicazione
                 del breve apostolico Eximium Catholicæ Religionis, aveva approvato di
                 propria iniziativa e senza coinvolgere il Sacro Collegio i termini conte-
                 nuti nel decreto imperiale – era anche stata determinata dall’esigenza
                 di non esacerbare ulteriormente i rapporti con Parigi in un frangente
                 politico e diplomatico alquanto delicato e permeato dalle incompren-
                 sioni che si erano venute a delineare nei mesi più recenti con Napo-
                 leone  per  via  della  mancata  adesione  della  Santa  Sede  al  blocco
                 continentale antinglese e in ragione, oltre che dell’occupazione dei porti
                 pontifici di Ancona e Civitavecchia da parte imperiale, anche dai nume-
                 rosi incidenti occorsi negli Stati romani nella circostanza del passaggio
                                                     41
                 delle truppe francesi dirette a Napoli .
                    Similmente alla festività di San Napoleone, anche l’introduzione
                 nelle sacre funzioni della preghiera in onore dell’imperatore fu all’ori-
                 gine di aspre vertenze e reiterate contese fra i padri della missione tri-
                 polina e il console Beaussier. La reazione dei missionari francescani a
                 questa ulteriore novità apportata da Bonaparte sul piano religioso e
                 liturgico già prevista in nuce nel Concordato e che già nel 1805 aveva
                 avuto i suoi primi casi di aperta manifestazione, avrebbe conosciuto un
                 sensibile aumento nel corso degli anni centrali e terminali della stagione
                 napoleonica, quando a fronte del sensibile inasprimento dei rapporti
                 tra il pontefice e Bonaparte a seguito dell’invasione degli Stati romani,
                                                                                  42
                 la preghiera iniziò puntualmente a essere omessa dalle celebrazioni .




                    41  Asv, Segreteria di Stato, Nunzi diversi, b. 42, Fasc. 2, [Breve], Eximium Catholicæ
                 Religionis, Lutetiæ Parisiorum M.DCCC.VI, Typis Adriani Le Clère. Sull’approvazione del
                 decreto imperiale da parte del cardinal Caprara: Ascep, Congregazioni Particolari, Bar-
                 baria, Vol. 143, f. 265 cit. Sulle tensioni emerse fra Napoleone e il pontefice nel biennio
                 1805-1806, si vedano A. Latreille, Napoléon et le Saint-Siège (1801-1808). L’ambassade
                 du cardinal Fesch à Rome, Alcan, Paris, 1935, p. 464 sgg; A. Fugier, Napoléon et l’Italie,
                 Janin, Paris, p. 200 sgg.; J.-O. Boudon, Napoléon et les cultes cit., pp. 238-241.
                    42  Adr, 1F/39, Dispaccio, il cardinal Consalvi al cardinal Fesch, dalle Stanze del Vati-
                 cano, 7 Aprile 1806; Ascep, Scritture riferite nei congressi, Prima Serie, Barbaria, Vol. X,
                 f. 353 cit.


                 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Aprile 2018       n.42
                 ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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