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                 mas de ponerme en la cabeza el ir a ver mundo»; tornò in patria grazie
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                 a una lunga fuga .
                    Antoine Quartier, nativo di Chablis, nella zona vinicola più setten-
                 trionale della Borgogna, schiavo a Tripoli fra il 1662 e il 1668, ai tempi
                 di Osman Pascià, del quale fu anche direttamente schiavo così afferma
                 nelle sue memorie L’esclave religieux (Paris, 1690), redatte dopo un
                 decennio e più dal ritorno in patria, quando si era fatto mercedario per
                 dedicarsi egli stesso al riscatto degli schiavi: «Le desir de voyager a esté
                 la passion dominante de ma jeunesse, quand on m’ensegnoit au college
                 la géographie, que le villes celèbres marquées dans la carte, estoient
                 de lieux enchantez […] Je ne pûs resister à la violence de ma curiosité,
                 et je passay en Italie en l’année 1659».
                    Più avanti Quartier confessa che per molti schiavi il tormento mag-
                 giore era di riconoscere la propria responsabilità nell’essersi esposti alla
                 possibilità di cattura: «Il faut encore avouer que la plus cruelle peine des
                 captifs est le chagrin qu’ils ont d’avoir abusé de leur liberté, et d’avoir
                                                                                4
                 eux-mesmes forgé leurs fers par un caprice et une folle curiosité» .
                    Una riflessione sulla mobilità – già di per sé un termine con largo
                 spettro semantico – in rapporto alla schiavitù mediterranea, una delle
                 numerose forme di realtà servile presenti nella storia del mondo medi-
                 terraneo, può sembrare che debba scontrarsi con una intrinseca con-
                 traddizione,  poiché  a  molti,  riteniamo,  l’idea  di  schiavitù  richiama
                 piuttosto costrizione, vincoli, immobilità. Quanto più invece si estende
                 e si approfondisce la conoscenza della schiavitù mediterranea, tanto
                 più si scoprono possibilità diverse di mobilità e si scorgono distanze
                 da immagini di presunte reclusioni e immobilità. Svolgeremo qualche
                 considerazione in proposito con riferimento alla concretezza di casi e
                 fenomeni storici più che sul piano di valutazioni teoriche, ovviamente
                 anche esse opportune e significative. Precisiamo inoltre che nei casi
                 individuali citati faremo riferimento soltanto al periodo schiavile e a
                 sue dirette conseguenze.
                     L’origine della condizione schiavile di uomini e donne nel mondo
                 mediterraneo dell’età moderna appare nella maggior parte dei casi la
                 loro cattura nel contesto di scontri bellici e comunque di una situazione
                 di conclamata ostilità. A seguito della cattura si diventava una altrui




                    3  D. Galán, Relación del cautiverio y libertad de Diego Galán, natural de la villa de
                 Consuegra y vecino de la ciudad de Toledo (1589-1600), a cura di M.A. de Bunes Ibarra
                 e M. Barchino, Sevilla, 2011, p. 28.
                    4  A. Quartier, L’esclave religieux et ses aventures, Paris,1690, pp. 173-174 e 199;
                 visitò Roma, Napoli, Cuma, Loreto, e Venezia, nei giorni del Carnevale.


                 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Aprile 2018       n.42
                 ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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