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Un altro elemento caratterizzante questo volume è la costante revi-
sione di stereotipi e luoghi comuni addensatisi su alcuni aspetti della
storiografia del Novecento. È il caso, ad esempio, delle Annales. Mi rife-
risco non tanto al saggio su Le “Annales” e la storia italiana, quanto alla
breve ma densissima intervista all’autore dal titolo Considerazioni sul-
l’esperienza delle “Annales”. Alle domande «fu una rivoluzione soprat-
tutto contro la storiografia positivista? Quali erano i limiti di quella
storiografia?», Galasso risponde acutamente: «attenzione: non contro la
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storiografia positivistica in tutti i suoi aspetti» . La ricchezza degli inte-
ressi sociologici, antropologici, geografici, ecc. della storiografia positi-
vistica può indurre a prospettare «un rapporto addirittura di filiazione
fra la tradizione del positivismo francese e le Annales, che senza, ad
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esempio, Durkheim e i suoi allievi non sarebbero pensabili» . Della tra-
dizione positivistica, continua Galasso, si rifiutava la chiusura docu-
mentaria, la tendenza alla materialità dei fatti di qualsiasi ordine
fossero, «la frequente caduta in determinismi e meccanicismi senza fine,
la ricorrente propensione a disegnare filosofie della storia, più che a
tracciare storie». Il vero bersaglio polemico fu piuttosto la storia politica,
largamente praticata negli ambienti accademici francesi. In questa
stessa intervista Galasso sottolinea poi il ruolo decisivo di Braudel,
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l’unicità del suo Mediterraneo, «un libro fuori dal comune» , e, soprat-
tutto, il profondo legame di Bloch e Febvre con la cultura francese. Le
Annales affondano in essa le loro radici e non sono un «fungo solitario».
Un filo rosso attraversa le molte pagine di quest’opera: è il coerente
sistema di valori a cui si ispira Galasso. Sono precisamente quelli del
1789, libertà, eguaglianza. Di qui la predilezione di Galasso per i
modelli di interpretazione liberaldemocratica come nel caso della rivo-
luzione europea del 1848 e il riferimento privilegiato a due suoi grandi
interpreti, Salvatorelli e Namier. Di qui la critica serrata a Francois
Furet, al passato e alla “illusione” dell’idea comunista. Di qui l’appas-
sionata difesa della “religione della libertà” contro ogni fondamentali-
smo, il riferimento al “tradimento dei chierici” (il famoso titolo dell’opera
di Julien Benda), di quegli intellettuali, cioè che hanno sostenuto non
solo nazismo e fascismo, ma anche comunismo e “socialismo reale”.
Un altro filo rosso è rappresentato dalla critica alla riduzione nar-
ratologica e letteraria della storia. E il riferimento è soprattutto a White.
Perché – scrive Galasso – «la storia non è solo un’attività intellettuale
che possiamo designare o non designare come scienza: è ancora e
7 Ivi, p, 73.
8 Ibidem.
9 Ivi, p, 74.
10 Ivi, p, 196.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Aprile 2018 n.42
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)