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ancora di più un bisogno e un momento della vita morale e civile delle
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comunità e degli individui» .
Il rinnovamento di metodi, tecniche di lavoro, tematiche e criteri di
giudizio, che ha caratterizzato la storiografia degli ultimi decenni, è
osservato da Galasso nel contesto di una difficile crisi di identità della
storiografia, che è spia di una più generale crisi culturale del mondo
contemporaneo. Tuttavia il giudizio finale dell’autore non è pessimi-
stico. Il patrimonio storiografico accumulato nell’ultimo mezzo secolo
delinea un quadro tra i più fervidi nella storia della storiografia
moderna. Una mole consistente di opere, ricerche originali e di alto
livello è stata offerta alla cultura contemporanea in misura superiore
rispetto allo stesso “secolo della storia”, l’Ottocento, e alla prima metà
del secolo XX. Si è avuto un interessamento rinnovato per la conside-
razione teoretica dei problemi della storia. E questo stesso libro di
Galasso lo testimonia egregiamente.
Dopo questa lunga digressione sul valore del mio amico e grande
maestro Giuseppe Galasso, torno al suo Quarantotto. Il primo storico
preso in considerazione è Robert Palmer , per il quale il Quarantotto
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ripropone “lo spettro del 1789”. Si trattò di una rivoluzione spontanea
europea che «sparò a vuoto, fece cilecca». Palmer non ne nasconde i
successi diretti o indiretti: il gradualismo parlamentare in Gran Breta-
gna, la forma parlamentare - costituzionale nei piccoli Stati, soprat-
tutto l’abolizione della servitù della gleba. Ma le passività sono assai
più rilevanti dell’attivo: il pangermanesimo e il panslavismo, Napoleone
III, l’odio di classe fra le nazioni.
Il secondo storico ricordato da Galasso è Eric Hobsbawm . Il primo
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suo volume dedicato al periodo 1815-1848, definito “l’età della rivolu-
zione”, costituisce per Galasso una sorta di proiezione sul futuro del
mondo europeo. Nel secondo volume Hobsbawm mette la rivoluzione poli-
tica in posizione subordinata a quella industriale. Galasso contesta sia
la formula unica di borghesia, adottata dallo storico inglese, sia la tesi
della sua assenza. Il Quarantotto per lo storico napoletano vede la bor-
ghesia protagonista non come un unico blocco di classe, ma come una
costellazione di ceti e gruppi sociali. Galasso discute pure l’altra posizione
di Hobsbawm per il quale la rivoluzione industriale inglese inghiotte
quella francese e, a mio parere in modo convincente, argomenta la coe-
sistenza nel Quarantotto dei due modelli, quello inglese e quello francese.
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È verso il terzo storico, Lewis Namier , che va la predilezione simpa-
11 Ivi, pp, 103-107.
12 Ivi, pp, 107-122.
13 Ivi, pp, 122-131.
n.42 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Aprile 2018
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)