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Gaudioso (saggi)_4  25/04/18  11:47  Pagina 55






                   In nome del morto. Vescovi e testamenti dell’anima nel Regno di Napoli (secoli XVI-XVII)  55


                   rivolto alla questione relativa alla legittimità della prassi, in virtù della
                   quale gli ordinari diocesani, nel caso di morte intestata, facevano il
                   testamento «nomine defuncti», riservando a sé la quarta parte dei beni
                   mobili del deceduto. Al fine di sciogliere il dubbio, bisognava dimos-
                   trare che tale pratica fosse lecita e avesse fondamenti giuridici («an
                   hoc eis liceat, et hoc possit comprobari aliquo adiumento iuris»). Per
                   rispondere a tali quesiti, lo Zerola procede con quattro elementi di
                   analisi. In particolare, la legittimità della pratica dei testamenti dell’a-
                   nima poggiava sulla consuetudine («ubi est consuetudo, hoc licet») ed
                   era stata introdotta in modo ragionevole («rationabiliter»), come risul-
                   tava dalle disposizioni delle Congregazioni dei Cardinali e dei Vescovi
                   e Regolari, alle quali si aggiungevano i decreti conciliari e sinodali di
                   alcune diocesi regnicole, con la raccomandazione di acquisire bona-
                   riamente l’espresso consenso degli eredi del morto intestato. Se poteva
                   trovare legittimazione la consuetudine vigente (la cui inosservanza
                   costituiva peccato per le stesse autorità diocesane), la questione era
                   più complessa nelle diocesi «ubi non adest consuetudo», nelle quali gli
                   ordinari  «non  debent  aliquid  innovare»,  per  non  essere  tacciati  di
                   potere «tyrannicum», com’era stato peraltro stabilito dalla Congrega-
                   zione dei Cardinali nel 1590.
                      Nella «secunda conclusio», sulla base del diritto comune, si entra
                   nel merito della disposizione ad pias causas, per la cui esecuzione,
                   da avvenire entro quattro o sei mesi dal decesso, al vescovo era con-
                   sentito di ricorrere anche alla scomunica e alle censure ecclesiastiche
                   nei  confronti  degli  eredi  inadempienti  o  negligenti,  che  potevano
                   essere costretti a eseguire non solo l’ultima volontà manifestata con
                   testamento, ma anche quella inespressa degli intestati, che, per morte
                   improvvisa o per altri impedimenti, non avevano potuto pensare alla
                   salvezza della propria anima. Pertanto, era pienamente giustificabile
                   l’intervento post mortem del vescovo, che, nella sua qualità di «pater
                   et pastor pauperum», doveva avere cura sia delle anime dei vivi, sia
                   di quelle dei morti, disponendo un atto (il testamento dell’anima) a
                   favore di colui che «absque lingua migravit e vita», di cui il vescovo si
                   rendeva interprete della volontà («faciens id quod ille miser utique
                   fecisset, si tempus ei suffecisset»); e, in tal modo, «Episcopus potest
                   supplere defectum et malitiam in testamentis». Con questi argomenti
                   si giustificava il prelievo della quarta, da eseguire «benigno ac paterno
                   affectu» e non vendendola o convertendola «in proprios usus», ma in
                   suffragi per l’anima del defunto. Inoltre, al vescovo era concessa la
                   facoltà di utilizzare i «mala ablata» (il maltolto) per fini cultuali e, per
                   tale ragione, non doveva essere molestato dai tribunali laici. Era,
                   questa, una pratica che lo stesso Zerola aveva seguito durante il suo


                   n.42                            Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Aprile 2018
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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