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72 Rosario Termotto
«Così come in Europa si svilupparono diversi linguaggi, alla stessa
maniera gli organi europei suonano in maniera differente, hanno
“pronunzie” caratteristiche che rivelano la regione d’origine dell’or-
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ganaro che li costruì» . La scuola organaria siciliana si è caratteriz-
zata per il suo forte attaccamento a tradizioni costruttive “arcaiche”
e per la lentezza nel recepire innovazioni che si andavano affermando
nel resto d’Italia, così che i suoi organi antichi serbano soluzioni
arretrate anche di parecchi decenni rispetto a quelli fabbricati nel
resto del continente europeo. Questa resistenza nell’inseguire il
nuovo, il moderno, probabilmente anche per ragioni di disponibilità
economiche nella considerazione che l’organo è in genere il pezzo più
costoso dell’arredo liturgico, si è manifestata in maniera particolar-
mente accentuata nel comprensorio delle Madonie. Il risultato finale
è stato che i paesi madoniti, oggi ricadenti tutti nella diocesi di
Cefalù, ma in passato anche in quelle di Messina e Nicosia, conser-
vano un eccezionale corpus di organi antichi artigianali che hanno
subito poche modifiche strutturali e, mantenendo canne originarie,
a volte, hanno conservato stilemi costruttivi che non sono più regi-
strabili altrove, assumendo così un valore storico e musicologico di
grande interesse. Questo è il caso dell’organo della chiesa ex conven-
tuale di S. Francesco di Castelbuono, solo organo cinquecentesco
della diocesi, che il recente restauro ha rivelato essere stato costruito
nel 1547, risultando uno dei più antichi d’Italia 2 (e quindi del
mondo), capace di riprodurre sonorità rinascimentali allo stato puro,
altrove non più possibili, stante il mantenimento di significative com-
ponenti originarie.
A Castelbuono, a lungo capitale dello “Stato” dei Ventimiglia di
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Geraci , l’organo non è stato solo prerogativa delle numerose chiese
locali (compresa la cappella palatina di Sant’Anna), ma è stato tenuto
in gran conto anche negli ambienti della corte feudale, se già nel Cin-
quecento un suo esponente, don Cesare Ventimiglia, nel 1579 chiedeva
un claviorgano al maestro palermitano Nicolò Angelo Testaverde .
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1 D. Cannizzaro, Cinquecento anni di arte organaria italiana. Gli organi della diocesi
di Cefalù, Bagheria, 2005, p.9.
2 Sull’organo cfr. Ivi, p. 12-14, 55-56; S. Ingoglia, Il suono del Rinascimento. Il restauro
dell’organo della chiesa di San Francesco d’Assisi a Castelbuono in E. D’Amico (a cura
di), Una vita per il patrimonio artistico: contributi in onore di Vincenzo Scuderi, Kalós,
Palermo 2013, pp. 48-49.
3 Sul centro cfr. O. Cancila, Castelbuono medievale e i Ventimiglia, Associazione Medi-
terranea, Palermo, 2010; Id., Nascita di una città Castelbuono nel XVI secolo, Associazione
Mediterranea, Palermo, 2013; Id., I Ventimiglia di Geraci (1258-1619), Associazione Medi-
terranea, Palermo, 2016. I tre testi citati nella presente nota sono consultabili e scarica-
bili sul sito on line www.mediterranearicerchestoriche.it.
4 Id., Nascita di una città cit, p. 730.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Aprile 2018 n.42
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)