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           rivela, agli occhi pieni di rabbia e delusione degli adolescenti, una pro-
           stituta, una “troia” (p. 93). Nella descrizione di questa vicenda, dal
           pedinamento dei ragazzi alla visione della sua nudità e del rapporto
           carnale in un «deposito» («neanche una casa dove lavorare aveva e si
           recava agli appuntamenti nuda sotto il cappotto») non c’è il minimo
           odore. Perde Wanda il legame con i luoghi. Il suo esser milanese, che
           dapprima aveva evocato quasi un erotismo esotico nei nostri studenti
           («Milano, … un luogo dove a noi pareva che l’amore avesse altri signi-
           ficati», p. 21), si rovescia in «straniera». «A’milanisa, a’ milanisa … put-
           tana, puttana» (p. 147) le grida la folla che l’attende al ritorno del
           funerale del marito, suicidatosi perché rivelato «cornuto».
               E qui ecco un nuovo rovesciamento, in apparenza sorprendente
           (ma in realtà – lo vedremo – preannunciato). Il signor Domenico da
           duchessa si trasforma (si trasforma e non torna, perché prima nella
           prima parte del racconto, prima di farsi duchessa era solo una ridicola
           macchietta tiranneggiato dalla moglie) in uomo: contro l’abietto acca-
           nimento della folla urlante contro Wanda, egli si erge solo a difesa e
           giganteggia: «carogne» grida e comincia a menar colpi ai primi che gli
           capitano sotto tiro. La folla si apre, si zittisce. Messa in salvo Wanda e
           i suoi figli, davanti al portone di casa sua prima di rientrare, il signor
           Domenico «tornò a guardare le facce silenziose. Non disse una parola
           ma sputò per terra prima di girarsi» (p.148). Questo capovolgimento
           che vede il signor Domenico divenire eroe positivo della solidarietà
           umana è stato in realtà da Addamo preparato prima in una digressione
           su cosa si intendesse per «hommini» a Catania. Nel gioco complesso
           dello specchio deformato e deformante della guerra che manda in fran-
           tumi la realtà, Addamo introduce la ‘verità’ dell’uomo, i veri uomini, gli
           hommini appunto. E a suggerire la digressione è proprio l’atteggiamento
           di pietas del marito della padrona di casa, divenuto ormai il boss del
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           quartiere , nei confronti di Wanda e di suo marito, «il cavaliere»: ai
           ragazzi che su quest’ultimo alle spalle infieriscono definendolo ‘cor-
           nuto’, il signor Domenico chiede rispetto, perché gli uomini «non par-
           lano di faccende che non li riguardano. Mi sono spiegato?» (p.107). E
           da questa solidarietà, da questa pietas nasce la prima reazione violenta
           nei confronti dei ragazzi suoi pensionanti, nei confronti dei quali aveva
           sinora avuto un atteggiamento benevolo di paterna ironia: «balzò dalla
           sedia e afferrò Gianni per il colletto, cornuto, cornuto, ripetendo con




               32  «Tutto il vicolo, le strade adiacenti, forse tutto il quartiere si può dire dipendesse
           ormai dal signor Domenico, e lui dava soldi a tutti …» (p.124). E più oltre apprendiamo
           che era divenuto «uno dei capi del mercato nero», «incettava merce da mezza Sicilia, a
           lui facevano capo ormai tutti i tipi, impiegati, ladri, professionisti, commercianti e anche
           funzionari importanti, compresi agenti delle tasse, vigili e gerarchi fascisti» (p. 141).



           Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Aagosto 2018      n.43
           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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