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Storia e letteratura. Catania, il fascismo e la guerra nel racconto di Sebastiano Addamo 353



             L’apax  narrativo  delinea  una  «escalation  …  e  dopo  l’urina  viene  la
             merda», dapprima con timide apparizioni, ma «poi straripò». La mate-
             rialità escrementizia dilaga nella prosa di Addamo e nella città:

                  Su marciapiedi e piazze fiorirono tuberi puzzolenti, alcuni sottili, biondi e
             serpentini, altri enormi neri e compatti. Si videro dappertutto tra l’indifferenza
             della gente, in mezzo a ogni strada, sui marciapiedi del centro, nella vasca delle
             fontane, agli ingressi delle chiese e degli edifici ufficiali, financo sull’orlo alto
             di qualche grondaia (p.128).

                  L’identità urbana è dissolta nel «plumbeo vapore fecale» che «parve
             annebbiare il cielo» (ibidem) in un «vasto putrescente addobbo escre-
             mentizio» (p.129). Con gli escrementi dilagano le mosche, dilagano le
             cimici, e soprattutto dilaga la fame, alla base di questa invasione escre-
             mentizia: la fame cancella la dignità. «Crebbe in modo considerevole il
             numero delle prostitute», anch’esse debordanti dai luoghi consueti,
             sparse per tutta la città, «dilagarono»: «una massa vistosa e oscena,
             disordinata e sudicia, si spostava di continuo» (p.157). La disperazione
             spinge all’estremo: «ce n’erano che camminavano coi figli, uscivano con
             loro e quando lavoravano li lasciavano dietro la porta, gli davano un
             pezzo di pane; e non volevano soldi, volevano pane». «Quel mare di
             donne che inondava la città, che venivano dietro a ogni uomo, ingiu-
             riavano e piangevano quando venivano respinte», dai «volti dipinti e
             malati», faceva «la vita per la fame» (ibidem).
                  Se precedentemente le notazioni ironiche sull’ispirazione «anale»
             di Lutero (p. 130) potevano far presagire – toccato il fondo – una con-
             fusa speranza «che in qualche modo si uscisse fuori» per «salire alle
             finestre e rompere i vetri» (p. 129), a fracassare vetri e pareti delle case
             penseranno invece le bombe. Così «il passato si era spezzato per sem-
             pre» (p.125), sepolto dalle bombe e dal fragore della risata con cui Gino
             accoglie «i padri» alla fine del romanzo (p. 159).

                  La complessità del romanzo di Addamo si rivela, come speriamo
             la mia ‘lettura’ abbia mostrato, preziosa occasione di confronto per gli
             storici.
                                   35
                  Da anni perseguo , con incerti risultati, ma soprattutto spesso
             scontrandomi con la resistenza dei letterati e degli storici della lettera-
             tura, un progetto di ripresa dei rapporti tra storia e letteratura. Sono
             convinto, senza per questo voler approdare a confusioni di ruoli e per-
             corsi,  che  l’abbandono  del  legame  con  la  letteratura,  la  seduzione



                  35  Cfr. le Conclusioni del mio Immagini della città. Idee della città. Città nella Sicilia
             (XVIII-XIX secolo), Maimone, Catania, 1999, pp. 257-264.


             n.43                            Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Agosto 2018
                                                      ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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