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           luoghi, destinata a suscitare le rabbiose reazioni di un padre di cui
           avevano insidiato insolentemente la figlia e dei giovanotti accorsi in
           aiuto in una furibonda rissa alla Villa Bellini; o l’invidia dei soldati ita-
           liani al confronto del loro più consistente rancio, persino nel sospetto,
           una volta istituiti i «bordelli» per tedeschi a evitare risse, che ad essi
           fossero «riservate le donne migliori» (p. 80). Alla fine i tedeschi «comin-
           ciarono a dare sullo stomaco: col loro arrivo tutto era aumentato, e non
           soltanto i prezzi delle merci, ma anche i prezzi delle ragazze; sapendo
           al contempo – noi e tutti – che i soldi che i tedeschi spendevano e coi
           quali si accaparravano tutto, erano soldi nostri» (ibidem).
               Gli odori appartengono ai luoghi e ai loro ‘veri’ abitanti e segnano
           tutti i momenti cruciali del romanzo. Dalla prima infelice visita dei
           nostri adolescenti in un «bordello» («il cancello era aperto e lo var-
           cammo, fummo nella sala che aveva odore di disinfettante», p.56),
           all’iniziazione sessuale, marcata da «un pesante odore di rossetto, di
           sudore e di donna» (p. 96). Il quasi stupro che Gino subisce da parte
           della padrona di casa prende avvio con l’avvolgimento in «un grasso
           odore di rossetto» e il riconoscimento dell’«odore della padrona, incon-
           fondibile e ripugnante» (p.152). La rabbia del podestà alla “beffa” anti-
           fascista, che sega “l’albero di Arnaldo” 29  senza farlo cadere perché crolli
           al momento della cerimonia, esplode con la puzza dei piedi. S’era tolto
           gli stivali «e con le sole calze lanciava i suoi passi, i piedi fumanti di
           sudore emanavano caldo morbido lezzo che si spandeva intorno e assa-
           liva le narici» (p. 118). Il manifestarsi delle prime drammatiche conse-
           guenze della guerra è dato dall’odore nauseabondo dei cibi: la pasta
           «messa in pentola scuoceva e ne veniva fuori una marmellata puzzo-
           lente e merdosa»; l’olio «pareva sciroppo di pesce tanto era fetido» (p.
           69). Il crollo delle speranze del padre di Gino di arricchirsi con gli agru-
           meti si traduce nell’esplosione dell’odore dilagante, quasi asfissiante
           delle arance invendute:

               Tutta la gran vallata al cui fondo è Lentini, ma anche oltre, fino a Carlen-
           tini, fino a Francofonte, tutta la vasta zona dei giardini, si empì dell’odore greve
           e dolciastro d’arance marce; un odore che stordiva che nauseava e s’attenuava
           solamente  nelle  ore  notturne  quando  scendeva  l’umido,  o  al  mattino  che
           restava sospeso in mezzo alla nebbia. Appena però questa diradava, l’odore
           tornava a dominare, ciecamente penetrava nelle case, avvolgeva uomini e cose
           (p. 113).






               29  «Arnaldo, il fratello del duce Benito, essendo morto in odore di santità fascista, fu
           d’uopo onorarlo … l’onoranza fu escogitata nell’innalzare e al nome del defunto intestare
           un albero nuovo solennemente inaugurandolo … Ogni villa ebbe il suo albero» (p. 116).



           Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Aagosto 2018      n.43
           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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