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352 Enrico Iachello
dell’epoca, asfissiante e dogmatica al punto da spingere il nostro a
inventare (ed è quasi uno schiaffo agli ‘ortodossi’) gli Scritti apocrifi di
Marx dove la prostituzione è individuata come «la prima forma di
baratto per l’uomo … ingresso nel mondo e conoscenza – presa di pos-
sesso di questo», ma anche «intuizione di un destino futuro». A com-
prendere e reggere le metamorfosi drammatiche di Domenico
duchessa, uomo, trasformato dal denaro (di più: esistente «in quanto
esisteva il denaro», p. 109), nel trasformarsi «del mondo e degli altri
uomini» (ibidem), Addamo convoca quindi Sciascia, Pasolini e Marx,
quest’ultimo ‘inventato’, per sottrarlo ai marxisti. Con questi compa-
gni/sodali il nostro può immergersi nell’analisi (nella contemplazione?)
dell’inferno che attende alla fine uomini e cose a Catania. E l’inferno,
come insegnavano i trattati cinquecenteschi, è un nauseabondo ser-
batoio di fetori e il naso, che ha condotto i nostri adolescenti alla cono-
scenza della città, si conferma ancora una volta l’organo più adatto a
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farne esperienza , ma l’occhio avrà – lo vedremo – la sua parte in un
crescendo che è anche prova coraggiosa, forse anche ‘audace’, ma mai
arbitraria, nel romanzo.
«Sopravvenne l’odore di piscio. Inopinatamente senza alcun pre-
avviso, dilagò, s’impose» (p.127). L’odore che prima distingueva, indi-
viduava, differenziava, «s’impossessò della città», imprigionandola in
una cappa uniforme:
non ci fu difesa, né riparo, né volontà e possibilità e man mano salendo dai
vecchi quartieri di San Cristoforo, dalle miserabili zone del porto e della sta-
zione, dai lerci abituri bordellosi di via Maddem e via Rapisarda, invase le arte-
rie del centro, via Etnea e via Umberto, la zona di via Ughetti, la villa Bellini, il
viale (ibidem).
Dapprima solo evocati dagli odori, gli escrementi improvvisamente
impongono al racconto e alla città la loro materialità: «le chiazze di
urina erano in ogni dove», «le strisce d’urina imbevevano gli asfalti, s’in-
seguivano, s’aggrovigliavano, costituendo macchie frastagliate, astratti
paesaggi limacciosi che … nessuna pioggia riusciva a lavare» (p.128).
E sui luoghi, bar, vie, viali, marciapiedi, piazze, elencate e chiamate
per nome da Addamo quasi a serbarne memoria nel disfacimento («le
fragili piazze di Catania», p. 127), si depositano stabilmente «queste
macchie sontuose e unte che sempre più si allargavano e ispessivano».
L’urbanità svanisce: «finì la decenza, il decoro, il pudore, il rispetto. Si
pisciava di notte e di giorno, in ogni luogo e con ogni tempo» (p.127).
34 Sul tema cfr. P. Camporesi, Odori e sapori, introduzione a A. Corbin, Storia sociale
degli odori cit., p. XIII-XIV.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Aagosto 2018 n.43
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)