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Storia e letteratura. Catania, il fascismo e la guerra nel racconto di Sebastiano Addamo 351
forza, cornuto ci sarai tu e tuo padre e tutta la tua generazione … Vi
ammazzo, lo volete capire o no?». Il signor Domenico è un boss del mer-
cato nero, ma è anche un uomo, al punto da aiutare persino l’odiato
capofabbricato procurandogli «le medicine per il figlio quando venne
colpito da dissenteria», perché «l’hommini le cose se le scordano» (p.
135).
Tra le qualità dell’‘uomo’ vi sono «il coraggio, il non esser disposto
a subir inutili offese», generosità («aver cuore»), «lealtà con gli amici,
solidarietà fino all’estremo limite di ogni nefandezza; e silenzio, il silen-
zio sulle cose e per le cose di coloro che ci sono vicini, rispetto, fedeltà,
onore» (p. 107). Se si esaminano queste virtù degli hommini non pos-
sono non venire in mente alcuni dei tratti con cui viene dipinto il ‘boss’
don Mariano Arena. Il collegamento in effetti mi sembra evidente con
Il giorno della civetta di Leonardo Sciascia, quando al capomafia che
gli ha esposto la sua teoria dell’umanità in cima alla quale sono
appunto “gli uomini” (che Addamo traduce “hommini”), il capitano Bel-
lodi, cui è stata riconosciuta la qualifica di uomo, risponde “anche
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lei” . È un analogo ‘onore delle armi’ che viene reso nel racconto di
Addamo al mondo che si avviava scomparire. Addamo ‘trasforma’ in
uomo il signor Domenico, a lui spetta questo onore, per dare al suo
racconto più tragica dimensione, quasi a salvare dal naufragio di quel
mondo qualche tratto umano, un barlume di pietas, prima che tutto
ricopra il fetore della decomposizione. La complessità della realtà e dei
processi sociali trova qui intensa espressione ed è per questo inevita-
bile il richiamo a Sciascia. Subito dopo un altro scrittore contempora-
neo verrà citato da Addamo, esplicitamente stavolta, Pier Paolo Pasolini
(indicato nel romanzo con le iniziali PPP, p. 108) di cui, a proposito del-
l’inutilità della lettura di Marx (nel senso tragico, cioè del pasoliniano
«a che serve la luce?» de Le ceneri di Gramsci), evoca «il razionale
lamento … una delicata ragionevole disperazione», ibidem). Ma citare
Sciascia e Pasolini, controcorrente e solitari in quegli anni nel pano-
rama culturale italiano, significa una precisa scelta di campo, una
rivendicazione di ‘laicità’ rispetto agli ‘schieramenti’ culturali e ideolo-
gici dell’epoca. Diversi ma solidali Sciascia e Pasolini sono convocati
da Addamo come in aiuto a testimoniare la tragica fine di un mondo.
Quasi un bisogno di sodali e solidarietà prima di affondare lo sguardo
nell’orrore della decomposizione.
Il romanzo reca in epigrafe una falsa citazione di Marx da un testo
inesistente che suona sarcastico nei confronti dell’ortodossia marxista
33 L. Sciascia, Il giorno della civetta, in Id., Opere [1956.1971], a cura di Claude
Ambroise, Bompiani, Milano, 2004, pp. 466-467.
n.43 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Agosto 2018
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)