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Una amicabile practica tra l’albania e la puglia nel 1514        357



             ben fundate, p(ro)ueda quella cum lo S(ignore) vicere g(e)n(er)ale, ch(e) ve presta
             lo assenso voto et soa auct(ori)ta, cum cautela inscriptis et quelle remictitj ad
             noi con lo homo v(ost)ro: et noi dacq(u)a lo faremo intender ad la porta p(er)
             qualch(e) destreza che nde venga qualech(e) bono expedim(en)to: restando in
             termini la practica de n(ost)rj subditj in suo robore efficacia et fermeza si como
             sta confirmata: et ut itere et de novo p(er) p(rese)nte la confirmamo et roboramo:
             finch(é) se expidiscono li capitulj novj et universalj, dove se haverranno a inclu-
             dere tuctj carazalj et subditj del Gran S(igno)re Turchi, cristiani, et ancora judei,
             chi mercantuelm(ent)te possano practicare p(er) tucto il Regno: rendemovj molte
             gr(azi)e et merce circa lo p(rese)n(ta)to de li mulj et c(ri)stallinj con altre cose: et
             offerendoce al piacer de v s. (vostra signoria) in tucte altre cause licite et honeste
             occorrentj: salutamo et offeremonj a la s(ignora) v(ost)ra (con)sorte como e patre
             qnto ad n(ost)ra figliola p(ro)pria et non meno ad madamma Comita sua matre
             n(ost)ra qnto e sore. Ex bellogrado xxij marcij MDXIIII
                                                               Il v(ost)ro qnto e frate
                                                            Lo sanjacho dela velona 4


                La lettera, datata 22 marzo 1514, è una copia dell’originale scritta
             (probabilmente in italiano) dal sangiacco di Valona al conte di Muro,
             Giacomo Alfonso Ferrillo, governatore delle province d’Otranto e di
             Bari. Il sangiacco innanzitutto esprime il suo compiacimento per la
             disponibilità di Ferrillo a un rapporto amichevole e a una amicabile
             practica tra i sudditi albanesi e quelli pugliesi, che, a quanto dice lo
             scrivente, era già in atto in quel momento.
                In più, il sangiacco si spinge a chiedere che il conte di Muro chieda
             al viceré generale (evidentemente il viceré napoletano, al tempo Rai-
             mondo Folch de Cardona) di estendere questa intesa a tutto il Regno
             di Napoli, così che dal canto suo possa fare altrettanto in Turchia: «et
             noi da qua lo faremo intender ad la porta per qualche destreza che nde
             venga qualeche bono expedimento». Il tipo di practica che si progetta
             è, evidentemente, di carattere commerciale, dal momento che il san-
             giacco auspica che vengano inclusi in «capitulj novj [...] tuctj carazalj 5
             et subditj del Gran Signore Turchi, cristiani, et ancora judei, chi mer-
             cantuelmente possano practicare per tucto il Regno».
                Il testo è dunque importante, perché vi si trova, presentata peraltro
             in termini di amicizia e affabilità («Illustrissimo Signor Conte nostro
             qnto e frate honorando»), l’attestazione dell’esistenza di una qualche
             forma di relazione commerciale tra la Puglia e il sangiaccato di Valona,



                4  Ags, Estado, Alemania, leg. 635, f. 5.
                5  Il termine carazali è variante di caraz(z)ari, parola che indica coloro che dovevano
             pagare il haraç, la tassa a cui erano soggetti i sudditi non musulmani dell’impero (G.R.
             Cardona, Caraccio, caracciaro, «Lingua Nostra», 31 (1970), 20-21).


             n.43                            Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Agosto 2018
                                                      ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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