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360 Alberto Rescio
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pulate tra la Serenissima e l’impero ottomano alla fine del conflitto .
Tra l’altro, nel trattato di pace tra Venezia e il sultano del 1502 era
stata inserita una clausola, ritenuta poi valida praticamente fino al
1699, secondo la quale nel Golfo, tra Corfù e la laguna veneta, nessuno
avrebbe dovuto assaltare navi mercantili, soprattutto se di provenienza
veneziana, e in tutta la prima metà del secolo il sultano legittimò uffi-
cialmente la giurisdizione della Serenissima sull’Adriatico, anche come
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garante della salvaguardia delle due coste . A questo si aggiunga che
la pesante sconfitta subita ad Agnadello nel 1509, ad opera della Lega
di Cambrai, convinse Venezia ad adottare una politica sempre più spre-
giudicata nei confronti dell’impero ottomano: intrattenere rapporti di
intesa con il sultano da una parte poteva servire a minacciare i nemici
di chiamare in propria difesa il Turco anche sulla Terraferma, dall’altra
era ormai indispensabile per tutelare la propria presenza nell’Adriatico
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e i traffici nei Balcani .
Questi accordi di Venezia con l’impero ottomano non scoraggiavano
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del tutto le incursioni corsare , ma spingevano città come Brindisi a
cercare intese commerciali con la vicina Albania, tanto che nel 1508 i
cittadini brindisini chiesero a Venezia che venisse concessa la cittadi-
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nanza ad alcuni abitanti che provenivano da Valona . Cessata la domi-
nazione veneziana, Brindisi cercò di mantenere inalterata questa
situazione anche quando la città passò sotto il controllo spagnolo. L’11
giugno del 1509, infatti, l’università di Brindisi presentò ad Antonio di
Cardona, viceré delle terre d’Otranto e Bari, alcuni capitoli per richie-
dere particolari privilegi. Fra le altre cose i brindisini chiesero: «Item
actento la utilita et benefitio se percipe per li citadini di essa cita dal
commertio de Veloniti et altri subditi del turcho quali mercantilmente
12 M.P. Pedani, La dimora della pace: considerazioni sulle capitolazioni tra i paesi isla-
mici e l’Europa, Cafoscarina, Venezia, 1996, pp. 28-29.
13 Ead., Ottoman merchants in the Adriatic. Trade and smuggling, «Acta Histriae», 16
(2008), 1-2,, pp. 158-160. Nel 1503 il sultano Bayezid II ordinò ai sangiacchi di Morea,
Valona, Negroponte, Arta ed altri di non attuare nessun atto di violenza contro cose o
persone provenienti da Venezia (Ead. (a cura di), I documenti turchi dell’Archivio di Stato
di Venezia, Ministero per i beni culturali e ambientali, Ufficio centrale per i beni archi-
vistici, Roma, 1994, p. 36). Nel mese di giugno 1504, poi, ritirò la sua flotta da Valona,
facendo sapere alla Signoria di Venezia che lo faceva «per la bona amicitia et pace havemo
fra de nui» (M. Sanuto, I diarii, f.lli Visentini editori, Venezia, 1881, tomo VI, col. 24).
14 G. Ricci, Appeal to the Turk, The broken boundaries of the Renaissance, Viella,
Roma, 2018, pp. 96-97
15 M.P. Pedani, Ottoman merchants in the Adriatic cit., p. 160. Già nel 1506 navi tur-
che assaltavano i porti pugliesi.
16 G. Guerrieri, Le relazioni tra Venezia e Terra d’Otranto fino al 1530 cit., p. 229. La
richiesta non venne accolta da Venezia «per convenienti respecti», ma i brindisini otten-
nero l’apertura di un nuovo scalo per il commercio delle navi di Barberia, Fiandre e Aque-
morte che frequentavano il porto.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Agosto 2018 n.43
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)