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Una amicabile practica tra l’albania e la puglia nel 1514        365



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             ambizioni universalistiche . In quel lungo periodo di guerra aperta sia
             sul fronte marittimo sia su quello terrestre, con le campagne d’Austria
             e Ungheria (Mohács 1526, Vienna 1529 e 1532, Ungheria 1566), il
             canale d’Otranto sarebbe stato al centro di un quadrilatero immagina-
             rio che aveva i suoi vertici in Madrid, Costantinopoli, Vienna e Tunisi.
                Nei primi quindici anni del XVI secolo tutto questo, però, era ancora
             in fieri e la presenza veneziana in Puglia, di cui si è parlato preceden-
             temente, forse fu responsabile di una spinta da parte delle città sul
             mare a seguire la propria vocazione commerciale, che da sempre aveva
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             unito le due sponde dell’Adriatico .


             I protagonisti

                Per ampliare il quadro sulla natura e le motivazioni della lettera del
             sangiacco e per riuscire a dare al documento un significato più pre-
             ciso, è utile delineare i personaggi che ne sono i protagonisti. Fonda-
             mentale,  a  tal  proposito,  è  il  congedo  della  lettera:  «salutamo  et
             offeremonj a la signora vostra consorte como e patre qnto ad nostra
             figliola propria et non meno ad madamma Comita sua matre nostra
             qnto e sore». Il sangiacco porge i suoi saluti alla moglie del conte di
             Muro e alla madre di lei, madama Comita; e lo fa con un tale affetto
             (le definisce una figliola e una sorella) che è difficile pensare a una
             semplice formula di cortesia.
                L’identità della moglie di Giacomo Alfonso Ferrillo costituisce l’ele-
             mento essenziale per fare luce su questa vicenda: secondo varie fonti
             ella risponde al nome di Maria Balsha o Balšic, la figlia di un despota
             balcanico. La notizia è presente nell’opera di un nobile albanese, Gio-
             vanni Musachi, il quale, in seguito alla conquista turca dei Balcani,
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             fuggì nel meridione d’Italia, come molti altri connazionali . Inevitabil-
             mente, quindi, la storia di Ferrillo si intreccia con quella della diaspora
             albanese che, a partire dalla metà del XV secolo e almeno fino alla
             riconquista turca di Corone (1534), interessò molte famiglie nobili d’Al-
             bania, in fuga dai Balcani ormai in mano ottomana, verso il regno di




                34  Ö. Kumrular, El duelo entre Carlos V y Solimán el Magnífico (1520-1535), Editorial
             Isis, Istanbul, 2005, pp. 42-43.
                35  Probabilmente esistevano delle ampie deroghe all’idea che i turchi fossero hostes
             perpeuti et de iure dei cristiani, teorizzata dal giurista napoletano Matteo d’Afflitto alla
             fine del XV secolo (si veda a tal proposito: G. Vallone, Otranto e il diritto dei turchi, in G.
             Vallone, Feudi e città, Studi di storia giuridica e istituzionale pugliese, Congedo Editore,
             Lecce 1993, pp. 83-89).
                36  Sulla storia della famiglia Musachi: R. Jurlaro, I Musachi despoti d’Epiro, in Puglia
             a salvamento, Edizioni del centro librario, Bari-Santo Spirito, 1970.


             n.43                            Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Agosto 2018
                                                      ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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