Page 162 - Mediterranea 43
P. 162
368 Alberto Rescio
como Alfonso Ferrillo. Sicuramente si ha notizia di Matteo Musero,
51
nobile della città di Gallipoli, di cui era stato sindaco nel 1494 . Di
Giovanni Antonio Marcella, invece, è la lettera stessa a rivelare che era
un “creato” del conte di Muro, ovvero una persona al suo servizio.
Con minore sicurezza si possono avanzare ipotesi sull’identità del
sangiacco. Secondo quanto leggiamo nell’opera di Evliya Çelebi scritta
52
nel XVII secolo , nel periodo immediatamente precedente a quello della
lettera in oggetto fu sangiacco di Valona Bali bey, figlio di Yahya bey e
appartenente alla famiglia dei Malkoçoglu, corrispettivo turco dell’ori-
ginario nome serbo Malkovich. Forse, però, l’origine del sangiacco della
lettera va ricercata nell’ambiente albanese da cui proveniva Maria Bal-
sha, la quale, stando alla Breve storia di Musachi, era imparentata con
i più importanti clan epiroti, quali i Castriota, i Cernovich, i Dukagjini,
53
i Bocali . Evidentemente il sangiacco era un membro di questa nobiltà,
uno di quelli che non scelsero la via dell’esilio ma rimasero nei Balcani:
questi personaggi preferirono “farsi turchi”, ovvero si convertirono per
poter mantenere il potere nella propria patria.
La probabilità che il sangiacco della lettera fosse di origine albanese
è molto alta, se è vero già nel 1514 ciò che riferiva il governatore di
Terra d’Otranto, Alfonso Castriota Granai, a Carlo V nel 1531, ovvero
che il sultano solitamente inviava in Albania solo sangiacchi di nazio-
nalità albanese «porque venyendo de otra nacion no le dan obedien-
54
cia» . Volendo indagare tra i parenti di Maria Balsha, troviamo che un
suo cugino, figlio di Elena Arianiti e Giorgio Dukagjini, nel periodo in
55
questione era diventato sangiacco con il nome di Scanderbeg . In
realtà, non è l’unico Dukagjini che rivestì un ruolo importante nell’am-
ministrazione ottomana e forse è proprio in uno dei membri di questa
famiglia che va ricercata l’identità del sangiacco. Il memoriale del conte
di Muro di cui si è già parlato, datato al 1514, riferisce su tale Mustafa
bey, definito pascià di Romania e che Ferrillo, in più di un’occasione,
56
ribadisce essere un Ducagino . D’altronde, un Mustafa bey era san-
57
giacco di Valona e d’Albania negli anni 1503-1504 e Mustafa è anche
51 P.F. Palumbo (a cura di), Libro rosso di Lecce, Schena Editore, Fasano, 1998, vol.
2, p. 88.
52 Evliya Çelebi, Putopis: Odlomci o júgoslavenskim zemljama, Svjetlost, Sarajevo,
1967, p. 73.
53 G. Musachi, Breve storia de li discendenti de nostra casa Musachi cit., pp. 284-286.
54 Ags., Estado, Nápoles, leg. 1010, f. 36. Atripalda a Carlo V, Lecce, 21 luglio 1531.
55 G. Musachi, Breve storia de li discendenti de nostra casa Musachi cit., p. 284.
56 Ags, Estado, Nápoles, leg. 1004, f. 46.
57 M. P. Pedani (a cura di), I documenti turchi dell’Archivio di Stato di Venezia cit.,
docc. 137, 147, 148, pp. 37, 40. Un altro Mustafa bey, sangiacco di Morea, venne con-
tattato dal Senato di Venezia nel febbraio del 1509 perché reclutasse stradiotti, ovvero
mercenari greci e albanesi, che portassero aiuto alla Serenissima nella guerra che affron-
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Agosto 2018 n.43
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)