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           nel 1630-31 giudice della Gran Corte Marchionale. Secondo i suoi bio-
           grafi, che si ripetono l’un l’altro, Abruzzo svolse la professione di avvo-
           cato per 13 anni («applicatosi al foro, difese molte cause e comentò e
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           dilucidò alcune nostre leggi») , ma sulla durata della sua professione
           di avvocato è lui stesso a creare imprecisione, perché se nel 1651 ricor-
           dava al nipote uid Tommaso Vittimara di essere stato per 13 anni «dot-
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           tore  seculare» , nel  1638  affermava  che  per  15  anni  era  stato
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           impegnato  in  diverse  curie  del  Regno  di  Sicilia .  Non  si  conosce
           comunque con esattezza l’anno del suo passaggio allo stato sacerdo-
           tale: non era ancora avvenuto nel marzo 1634, mentre nel 1636 egli
           risultava, come sappiamo, convivente con la madre Altadonna a Castel-
                                                   te
           buono come «C. me dr. d. Baldassare sac figlio», ossia come «chierico,
           maschio d’età [superiore a 18 anni], dottore, don Baldassare sacerdote,
           figlio [del capofamiglia Altadonna Abruzzo]». Come chierico era soggetto
           al rivelo, ma come sacerdote non doveva invece essere inserito tra i
           familiari perché esente, come esenti erano i suoi beni, che infatti non
           risultavano rivelati. E allora: era chierico o sacerdote?
              In realtà, già allora egli era passato allo stato sacerdotale, perché
           nel novembre 1636 da Randazzo, dove evidentemente allora soggior-
           nava, come sacerdote e utriusque iuris doctor dedicava all’arcivescovo
           di Messina Biagio Proto (1626-1646) il primo dei suoi lavori a stampa,
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           l’Interpretactio ad pragmaticam unicam , pubblicato poi due anni dopo
           a Palermo con un incredibile refuso (Interpetractio) proprio nel titolo
           sul frontespizio, che però si ripete anche nel testo e fa pensare a un
           vero e proprio errore. Nella lunga dedica, Baldassare ringraziava con
           molto calore l’alto prelato per avere favorito in tutti i modi il suo desi-
           derio di ascendere al sacerdozio, per avergli affidato l’incarico di avvo-
           cato fiscale nella Gran Corte Arcivescovile di Messina e averlo infine
           scelto come uno dei giudici della corte arcivescovile in occasione delle




              61 Cfr. «Giornale di scienze, letteratura ed arti per la Sicilia», 1834, pp. 18-19; D.
           Orlando, Biblioteca di antica giurisprudenza siciliana, Palermo, 1851, p. 46.
              62 B. Abruzzo, Dialogus de sanctorum angelorum custodia. Opusculum mirae devotionis
           ac non minoris eruditionis, Panormi, 1651, p. 52. Dell’operetta, irrintracciabile nelle
           biblioteche italiane, sembra esista un solo esemplare, quello della Biblioteca centrale
           della Regione Siciliana Alberto Bombace di Palermo, ai segni BPRARI SIC. 95, che mi è
           stato agevole consultare grazie alla cortesia di Peppe Cucco, che ringrazio.
              63 Id., Interpretactio ad pragmaticam unicam cit., p. 132: «Tamen ut verum fatear in
           praxi per annos quindecim in quibus diversis Regni Siciliae in Curijs versatus fui».
              64 Vi commentava la prammatica 24 marzo 1577 del viceré Marco Antonio Colonna
           sul «modo di procedere summariamente nelle cause criminali e civili» (cfr. Constitutioni
           prammaticali del Regno di Sicilia fatte sotto il felicissimo governo dell’illustrissimo, &
           eccellentissimo vicere, luogotenente, et capitano generale il signor M. Antonio Colonna,
           Palermo,  1583,  disponibile  presso  la  Biblioteca  Centrale  della  Regione  Siciliana,
           collocazione Rari Sic. 441).



           Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Agosto 2018       n.43
           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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