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ultimi, arruolatisi nell’Ordine, dessero prova di grande valore, costrin-
gendo il ricevitore a perorarne la riabilitazione presso le autorità vene-
ziane, come accadde, per esempio, nel caso di Zuanne Bertolini, detto
“Cavaso”. Fuggito da Padova nel 1681 con una condanna al bando per-
petuo da tutto lo Stato «con alternativa di pena di galera senza alcuna
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conditione» , il Bertolini si era arruolato nelle galere dei cavalieri
durante la guerra, portandosi tanto bene da convincere il bailo di Thun,
allora comandante della squadra giovannita, a perorarne la causa e a
chiedere l’intercessione del capitano generale da mar Alessandro Molin.
Quest’ultimo, in data 28 luglio 1696, informava il Senato della que-
stione, chiedendo la riabilitazione del Bertolini che avvenne, di lì a poco,
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anche grazie all’immancabile coinvolgimento del ricevitore .
Se, con la fine delle ostilità, le delicate mansioni di cui quest’ul-
timo era oberato si riducevano drasticamente, non vuol dire che la
sua vita divenisse più facile, anzi. Venuto meno l’impegno contro il
Turco e, di conseguenza, resasi inutile la collaborazione militare
con l’Ordine, l’atteggiamento conciliante del governo veneziano
mutava drasticamente. L’interesse a salvaguardare le clausole di
pace ratificate col sultano, la necessità di tutelare la salute dei pro-
pri sudditi, in particolare greci, nel Levante e a impedire che mer-
canti ebrei e turchi venissero depredati su navi veneziane 27 o
25 Asmomve, XXXVIII, IV, Armamenti, Squadra, Commercio, Corsari, Prede, Schiavi
(1430- 1699), Marittimi e Commerciali (1684-1700), cc. 120r-121v.
26 ibid.
27 È quello che accadde nell’estate del 1639, quando quattro vascelli dell’Ordine,
diretti a depredare le navi turche sulla rotta d’Alessandria, incontrarono una polacca. I
cavalieri al comando della spedizione intimarono all’imbarcazione di fermarsi, sospet-
tando potesse trasportare merce di contrabbando. Saliti sulla nave per ispezionarla, tro-
varono «doi hebrei nascosti nella stiva con loro robbe, quali menassimo per schiavi».
L’equipaggio dell’imbarcazione, messo alle strette, confessò che vi erano anche mercanzie
di proprietà dei due ebrei, che furono immediatamente confiscate. Venezia reagì imme-
diatamente, intimando il risarcimento agli ebrei derubati. Il ricevitore, il 28 ottobre 1642,
ricevette una lettera da Malta, nella quale si affermava che non esistevano precedenti
riguardo a risarcimenti per confische fatte a mercanti ebrei, cosa anzi «non mai successa,
né intesa, stando in una inveterata osservanza la Religione e corsali di fargli schiavi in
qualsivoglia luogo del mare che gli ritrovano» (Asmomve, XXXVIII, I, Armamenti, Squadra,
Commercio, Corsari, Prede, Schiavi (1430- 1699), Marittimi e Commerciali (1545-1645), cc.
34-37). In questo caso le autorità maltesi mentivano, poiché la materia era stata regola-
mentata sin dalla fine del XVI secolo con la mediazione del pontefice. Il De Bono ricorda
come «sotto il magistero di La Cassiere (1572-1581) sorse fra l’Ordine e gli Stati veneziani
la questione sul commercio dei neutrali, essendo state confiscate da quello le merci cari-
cate sopra un bastimento veneziano e appartenenti agli ebrei. Questi sostenevasi il prin-
cipio della confisca dei beni nemici sotto bandiera neutrale, mentre dall’altra parte invoca
casi quello che vuole le merci protette dalla bandiera. Al tempo del Gran Maestro Verdale
(1582-1595) la controversia fu sottomessa al pontefice, il quale decise in favore de’ vene-
ziani» (P. De Bono, Sommario di Storia della Legislazione cit., pp. 251-252). A quanto
pare, però, i cavalieri non avevano perso la speranza di ribaltare la decisione.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Dicembre 2018 n.44
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)