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Murano , del sapone, dei mobili. Anche l’industria tipografica, pur in
una fase di flessione a partire dalla seconda metà del Cinquecento,
rimase ai massimi livelli in Europa per quantità e qualità di edizioni
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prodotte . Insomma, pur non rinunciando mai alla propria vocazione
mercantile, Venezia diversificò la propria produzione, acquisendo un
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profilo ideale negli scambi con Malta . Essa, infatti, poteva sia soddi-
sfare i gusti raffinati dei dei cavalieri, sia la continua richiesta di mate-
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rie prime necessarie al sostentamento della popolazione dell’isola .
A svolgere le funzioni di principale referente nelle relazioni commer-
ciali tra Venezia e Malta era il così detto ricevitore del comun tesoro.
Gli studi di Giuffrida hanno permesso di appurare che tale carica
venne creata dall’Ordine di Malta intorno a metà Trecento, all’interno
di una politica di maggior controllo del centro sulla periferia. Il Gran
Maestro, infatti, interessato a razionalizzare e a ottimizzare le rendite
delle commende sparse in Europa, nonché a garantire il continuo
flusso delle responsiones – ovvero la percentuale di produzione che ogni
commendatore doveva versare annualmente nelle casse del Tesoro
dell’Ordine –, nominava il ricevitore, «realtà intermedia tra il commen-
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datore e il Gran Maestro» . Oltre ad amministrare i beni delle com-
mende di proprietà del Gran Priorato di Venezia, il ricevitore svolgeva
numerosi compiti, tra cui la gestione del traffico diretto a Malta e, come
9 M. Miani, D. Resini, F. Lamon, L’arte dei maestri vetrai di Murano, Matteo Editore,
Treviso 1984; F. Trivellato, Fondamenta dei vetrai. Lavoro, tecnologia e mercato a Venezia
tra Sei e Settecento, Donzelli, Roma 2000.
10 M. Zorzi, Dal Manoscritto al Libro, in A. Tenenti, U. Tucci (a cura di), Il Rinascimento.
Politica e Cultura, Storia di Venezia delle origini alla caduta della Serenissima, IV, Istituto
dell’Enciclopedia Italiana, Roma 1996, pp. 817-958, in particolare le pp. 930-941.
11 Non è possibile, in questa sede, analizzare in maniera adeguata l’evoluzione eco-
nomico-commerciale del caso veneziano-veneto in epoca moderna. Tuttavia è almeno
opportuno segnalare le più recenti ricerche che inseriscono Venezia un quadro di storia
globale. Si fa riferimento, oltre alla fondamentale monografia di Maria Fusaro (M. Fusaro,
Political Economies of Empire in the Early Modern Mediterranean. The Decline of Venice
and the Rise of England (1450-1700), Cambridge University Press, Cambridge 2015), ai
contributi di Andrea Caracausi. In particolare: A. Caracausi, The Wool Trade, Venice and
the Mediterranean Cities at the End of the Sixteenth Century, in A. Caracausi, C. Jeggle
(a cura di), Commercial Networks and European Cities, 1400-1800, Pickering and Chatto,
London 2014, pp. 201-222.
12 Sull’annosa questione del declino economico di Venezia nel XVII secolo vale ancora
il giudizio di Tucci, secondo il quale la migliore rappresentazione sia una «stabilità sostan-
ziale o quanto meno un lento processo di indebolimento del quadro economico generale,
con la contrazione variamente accentuata di certe attività che per essere tra le tradizionali
sono quelle che danno maggiormente il senso della caduta» (U. Tucci, Monete e banche, in
G. Benzoni, G. Cozzi (a cura di), Venezia Barocca, Storia di Venezia dalle origini alla caduta
della Serenissima, VII, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Roma 1997, pp. 569-591).
13 A. Giuffrida, La Sicilia e l’Ordine di Malta. La centralità della periferia mediterra-
nea, Quaderni Mediterranea. Ricerche storiche, 2, Associazione Mediterranea, Palermo
2006, p. 22.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Dicembre 2018 n.44
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)