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D'Avenia (letture)_9  19/04/19  17:33  Pagina 179






                   Filippo II allo specchio del suo mondo                          179


                   in antico regime per conoscere i propri sudditi, andare incontro a un/a
                   promesso/a  sposo/a,  recarsi  alla  guerra  o  a  occupare  una  nuova
                   carica, evangelizzare, ritirarsi nel luogo natio a meditare sulla propria
                   vita o in uno sdegnato esilio!).
                      Non  si  tratta  tuttavia  di  un’erudita  carrellata  storico-folkloristica,
                   perché attraverso lo scorrere di queste spettacolari rappresentazioni il
                   lettore, soprattutto quello non addetto ai lavori, è aiutato a decodificare
                   la simbologia del potere e del prestigio sociale. In questo contesto le
                   questioni  di  precedenza  (le  famose  cortesías)  non  risultano  frutto  di
                   mero puntiglio aristocratico ma spia molto eloquente di continui conflitti
                   tra  parallele  e  sovrapposte  gerarchie,  con  le  quali  anche  il  sovrano
                   dovette venire a patti come dimostra la sostanziale inosservanza della
                   Pragmatica de las cortesías emanata da Filippo nel 1586 per disciplinare
                   l’uso  degli  appellativi  nobiliari  di  Eccellenza,  Signoria  illustrissima,
                   Signoria reverendissima (pp. 108-109). D’altra parte, ancora da principe
                   il  giovane  Filippo  aveva  dovuto  sottostare  ai  codici  simbolici  della
                   politica  in  occasione  del  suo  matrimonio  con  la  regina  d’Inghilterra
                   Maria Tudor nel luglio del 1554. Sebbene, infatti, il padre Carlo V gli
                   avesse trasmesso per l’occasione il titolo di re di Napoli per equiparare
                   il suo rango a quello della sposa, tuttavia durante la celebrazione egli
                   dovette  accontentarsi  di  entrare  dal  lato  “minore”  (sinistro)  della
                   cattedrale di Westminster per andare a prendere posto su un trono più
                   piccolo e meno prezioso di quello della consorte, cosicché gli spettatori
                   «videro e capirono, anche gli altezzosi spagnoli al seguito di Filippo, che
                   la regina era Maria e che Filippo altro non era se non il consorte» (p. 57).
                      La fede di Filippo, lo si è accennato, e il controllo della “sua” Chiesa
                   sono naturalmente elementi ineludibili in una biografia del rey católico
                   (per l’appunto), a partire dall’appoggio incondizionato alla “sua” Inquisi-
                   zione,  garantito  fin  dalle  prime  battute  del  suo  regno  in  occasione
                   dell’auto da fe celebrato a Valladolid nel 1559 contro una setta luterana.
                   A un nobile italiano condannato al rogo che gli chiedeva clemenza in ra-
                   gione del suo status sociale, Filippo avrebbe risposto: «Yo traeré leña
                   para quemar a mi hijo, si fuese tan malo como vos» (p. 159). L’autore lu-
                   meggia  con  attenzione  anche  la  coerenza  confessionale  della  politica
                   estera del re, spesso sconfinante in una controproducente testardaggine
                   nei confronti delle Fiandre in rivolta, della Francia in guerra di religione,
                   dell’Inghilterra anglicana nelle mani della rivale Elisabetta.
                      Tuttavia ciò che mi pare più interessante è come il pensiero e
                   l’azione di Filippo vengano immersi nella cultura religiosa della sua
                   epoca,  segnata  dall’onnipresenza  della  provvidenza  dispensatrice
                   tanto di grandiosi premi alla virtù quanto di spettacolari punizioni
                   ai peccati. La politica è costantemente giudicata, assolta o condannata
                   dall’intervento divino, o da quello che i contemporanei credono di
                   riconoscere  come  tale,  solo  raramente  attribuendo  successi  e
                   fallimenti alla «fortuna» e alle «felici congiunture di tutti gli altri ac-
                   cidenti» (p. 203).


                   n.45                           Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVI - Aprile 2019
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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