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Visceglia (letture)_10 19/04/19 17:34 Pagina 182
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relazioni di genere plasmino per tutti, uomini e donne, la costruzione
di una propria identità. Ma veniamo al contenuto del libro.
I ventitré saggi sono divisi in quattro sezioni tematiche intitolate: 1)
Ruoli sociali, 2) Immagini e rappresentazioni, 3) Identità e regolamen-
tazione, 4) Oltre il dualismo, che hanno al loro interno una buona omo-
geneità – mi sia solo permesso di notare che mi pare che l’unico saggio
non proprio omogeneo sia quello sulla architettura monastica femmi-
nile a Napoli.
Attingendo un po’ liberamente alle quattro sezioni e senza preten-
dere di rendere conto di tutti i contributi mi soffermerò su alcuni nodi
problematici del volume: 1) ruoli sociali; 2) rappresentazioni; 3) sfera
pubblica e accesso alla politica; 4) modo di pensare i corpi; 5) maschile
femminile/alterità.
1) I ruoli sociali: sappiamo non sono scontati e da decenni la storia
sociale ha dimostrato come nei paesi occidentali, dove la società è
divisa in ceti e la nozione di rango onnipresente ma non rigida, la mobi-
lità sociale è assicurata dalle stesse istituzioni politiche e religiose –
chiesa e stato – oltre che dalla circolazione di uomini, merci e denaro.
Ma può dirsi lo stesso per i ruoli di genere? È’ indiscutibile che la dif-
ferenza di genere contribuisca a plasmare, a definire e ridefinire i ruoli
sociali assieme all’età, all’appartenenza sociale ed etnica, al livello di
ricchezza. Ma in che misura essa è storicamente modulata e in che
misura si iscrive in un ordine diciamo “naturale” segnato più dalle con-
tinuità che dai cambiamenti?
Molti cantieri di ricerca negli ultimi decenni del secolo scorso hanno
legato il tema del rapporto maschile/ femminile nel contribuire a confi-
gurare i ruoli sociali a quelli dei diritti di proprietà delle donne, della dote
e a quello della patria potestà maschile. Giulia Calvi e Isabelle Chabot
nella premessa al volume miscellaneo Le ricchezze delle donne Diritti patri-
moniali e poteri familiari in Italia (XIII–XIX secc.) (Rosenberg & Sellier,
Torino, 1998) partono da una citazione di Ulpiano: «Una donna è princi-
pio e fine della propria famiglia, ha figli ma non eredi», e però offrono una
immagine sfaccettata e variabile della plurisecolare persistenza di norme
giuridiche tese a limitare l’accesso delle figlie dotate alla eredità e a
imporre vincoli a mogli e vedove nella trasmissione dei beni. Il Codice
Napoleonico modificò questa disuguaglianza riconoscendo alle figlie diritti
uguali a quelli dei figli ma con la Restaurazione, sebbene le norme incor-
porassero elementi della legislazione napoleonica, si cercò di tornare agli
ordinamenti prerivoluzionari e solo con il codice Pisanelli del 1865 le
donne in Italia uscirono dalla loro plurisecolare marginalità successoria.
In questo volume l’approccio ai ruoli sociali, anche in coerenza con il
taglio multidisciplinare adottato, è orientato a focalizzare piuttosto casi
di studio in cui le donne superano la loro posizione residuale e a centrare
il tema delle loro capacità culturali. Tre esempi calzanti sono quelli al
centro dei primi tre saggi. Nel primo si tratta di Elena Balletti che, figlia
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVI - Aprile 2019 n.45
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)