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Vannì (saggi)_1  19/04/19  17:28  Pagina 16






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                 me voglio ne siate quanto me medesimo partecipe, et di più ne haverete
                                                                      20
                 da esso abondantissimo signore premio grandissimo» . Nella lettera
                 egli si soffermava inoltre sulle sue ultime esperienze e sulle sensazioni
                 provate nella grande città. Nonostante la monaca gli avesse indicato
                 come punto di riferimento il convento agostiniano di Santa Maria del
                 Popolo, dove fino al 1502 aveva vissuto il frate bresciano Bartolomeo
                 da Palazzolo, con il quale era forse in contatto, dalla missiva trapelano
                 le sue difficoltà ad ambientarsi. Oltre a specificare che si era tenuto
                 ben lontano dai «pericolosi trastulli romani», egli scriveva infatti di non
                 aver «visitato troppo» il convento e, più in generale, di «aver trovato le
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                 spese più grande di quello mi credeva» . Questa situazione doveva
                 quindi impedirgli di realizzare gli obiettivi che lo avevano condotto a
                 Roma. Tra questi vi era il desiderio di percorrere i primi gradi dell’or-
                 dinazione sacerdotale, ma «non per altro, salvo per grande miseria»,
                 anche in questo caso non aveva avuto successo , tanto da far credere
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                 a  Battistina  Vernazza,  la  figlia  del  principale  ispiratore  del  Divino
                 Amore, che egli, «essendo ricco e molto galante giovane», si fosse recato
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                 a Roma solamente «per sollazzo» .
                    È tuttavia possibile che la «miseria» cui il figlio di un facoltoso mer-
                 cante  come  Bartolomeo  Stella  faceva  riferimento  nella  sua  lettera,
                 insieme con le tematiche materiali intercettasse anche quelle morali e
                 spirituali.  La  situazione  che  egli  incontrò  nella  città  del  papa  non
                 doveva corrispondere alle sue aspettive, né tanto meno soddisfare le
                 sue inquietudini. Del resto non era il solo. Nello stesso periodo, il vicen-
                 tino Gaetano Thiene non faceva mistero di criticare la dissolutezza
                 dell’Urbe, «altre volte cità santa, hora Babilonia», evocando il topos anti-
                                                                        24
                 romano che si stava diffondendo tra ecclesiastici e laici . Per questo
                 motivo, per lo Stella il rientro in patria poteva rivelarsi uno strategico
                 piano di ripiego. Prima di attuarlo egli tuttavia decise di rivolgersi in
                 maniera più risoluta ai contatti che gli aveva fornito la Mignani, e di
                 seguirne le indicazioni, con l’obiettivo di trovare un luogo dove poter
                 esprimere la sua spiritualità. A Santa Maria del Popolo incontrò quindi
                 un frate di nome Gabriel, che gli fece a sua volta conoscere una murata
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                 della basilica di San Giovanni in Laterano . Per intercessione della

                    20  Ibidem.
                    21  Ivi, p. 233.
                    22  Ibidem.
                    23  A. Bianconi, L’opera delle compagnie del «Divino amore» nella Riforma cattolica, Lapi,
                 Città di Castello, 1914, p. 65.
                    24  F. Andreu (a cura di), Le lettere di san Gaetano Thiene, Biblioteca Apostolica Vati-
                 cana, Città del Vaticano, 1956, p. 13.
                    25  Su questo fenomeno, a quei tempi alquanto diffuso, si veda M. Sensi, «Mulieres in
                 Ecclesia». Storie di monache e bizzoche, 2 voll., Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo,
                 Spoleto, 2010.


                 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVI - Aprile 2019      n.45
                 ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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