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Ancor prima del 1542, quando ottenne il controllo dell’Inquisizione
romana, Carafa era costantemente informato della situazione veronese
e delle ambigue posizioni in materia di fede di alcuni dei collaboratori
di Giberti, nei confronti dei quali, specie di Flaminio, che conosceva
dai tempi della comune frequentazione del Divino Amore, e di Reginald
Pole, sul quale affermava che non poteva di certo «caminar con persone
di quanto lor medesime mi tirano» 113 , nutriva dei forti sospetti. In
quest’ottica, appare interessante il probabile ruolo di informatori eser-
citato per suo conto da Bartolomeo e Giovanni Battista Scaini (che a
Salò avevano organizzato una confraternita di carità analoga a quella
romana del Divino Amore e che Bartolomeo Stella conosceva poiché
erano vicini al vescovo Ugoni, che presso di loro aveva depositato i suoi
manoscritti inediti) 114 , da Francesco Capello (un importante collabora-
tore di Giberti) 115 , e da Bonaventura Centi (frate osservante che parte-
cipò alla riforma del suo ordine e che fu spesso sulle tracce dei cappuccini
e in particolare di Bernardino Ochino) 116 , tutti in costante contatto con
Gaetano Thiene, al quale comunicavano frequentazioni, aderenze, com-
plicità, a dimostrazione del clima di sospetti e della fluidità della situa-
zione religiosa in quel periodo 117 . Proprio a Gaetano, in una lettera dei
primi di gennaio 1534, attraverso la quale gli annunciava la morte «extra
gremium religionis» di Battista da Crema, Carafa delineava lo stato, tra-
gico, delle confraternite di carità dell’area veneziana che il frate domeni-
cano aveva riformato secondo la sua dottrina. Una lettera concepita in
un momento cruciale, quando il Divino Amore romano si era ormai di
fatto dissolto e molti dei suoi membri e dei membri degli istituti simili a
esso stavano orientandosi verso approdi lontani dall’ortodossia romana,
se non apertamente eterodossi. «Stella non lucet», scriveva infatti Carafa
a proposito di Bartolomeo Stella, in riferimento alle sue controverse fre-
quentazioni veronesi e alle modalità con cui veniva governato l’ospedale
degli Incurabili di Brescia, da lui fondato e a lungo amministrato 118 .
113 G.M. Monti, Ricerche su Papa Paolo IV cit., p. 154.
114 A. Cistellini, Figure della Riforma pretridentina cit., p. 93.
115 Su Capello, la sua formazione e il suo ruolo alla corte del vescovo di Verona si
veda A. Pastore, I protagonisti: il vescovo Gian Matteo Giberti, in G.P. Romagnani (a cura
di), Conoscere Verona. I luoghi della città, gli eventi, i protagonisti, Fondazione Centro
Studi Campostrini, Verona, 2008, pp. 62-68.
116 Cfr. E. d’Alençon, Gian Pietro Carafa e la Riforma dell’Ordine dei Minori dell’Osser-
vanza, «Miscellanea francescana», XIII (1911), pp. 33-48, 81- 92, 112-121, 131-144. Su
Ochino e le sue posizioni dottrinali si rimanda a Michele Camaioni, Il Vangelo e l’Anticri-
sto. Bernardino Ochino tra francescanesimo ed eresia (1487-1547), Il Mulino, Bologna,
2018.
117 A. Vanni, Gaetano Thiene cit., pp. 95-97 e 105-108.
118 Scriveva Carafa: «Vicentini nostri non desunt [...], Patavini nostri silent, Stella non
lucet», cit. in P. Paschini, San Gaetano Thiene, Gian Pietro Carafa cit., p. 194.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVI - Aprile 2019 n.45
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)