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bale che va collocata una vicenda apparentemente locale o, al mas-
simo, regionale, come quella dei Presìdi di Toscana.
La scelta di formare una enclave spagnola incardinata tra Grandu-
cato di Toscana e Stato Pontificio in cui far confluire tre piccole comu-
nità portuali della maremma grossetana (Orbetello, Talamone e Porto
Ercole, assieme ai loro territori e a tutto il Monte Argentario) fu dovuta
a una molteplicità di fattori. Secondo la storiografia classica sui Pre-
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sìdi , i motivi che spinsero Filippo II a scegliere questi piccoli porti della
Toscana meridionale furono molteplici, ma tutti riconducibili a fattori
prettamente “locali”. In primo luogo, il possesso di un porto mediano
all’interno della penisola italiana, utile per controllare le rotte verso il
viceregno di Napoli e tutto il litorale tirreno. Secondo fattore sarebbe
stato il probabile desiderio di controllare un personaggio considerato
ambiguo come Cosimo de’ Medici, per il timore che egli potesse passare
nella sfera di influenza francese. Qualcuno si è spinto anche a definire
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i Presìdi un «cuneo» nel territorio toscano o addirittura una possibile
«testa di ponte [...] per condizionare la politica di formazioni statali
assai importanti, come la Toscana medicea» . I Presìdi rivestirono, in
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realtà, come si vedrà a breve, un’importanza logistica nelle idee di
Filippo II, più volte ribadita nel corso del tempo dalle relazioni degli
emissari spagnoli.
Terzo motivo, ultimo ma non ultimo e anzi centrale nella scelta,
sarebbe riconducibile alla volontà del sovrano spagnolo di contrastare
i barbareschi, che solo pochi anni prima avevano invaso e razziato
tanto la Maremma costiera quanto l’isola d’Elba.
Probabilmente, però, i reali motivi dietro la scelta dei Presìdi di
Toscana avevano un ordine di valore ben diverso dal mero controllo
1 La creazione dei Presìdi viene molto spesso legata alle medesime dinamiche che
portarono la Spagna a disseminare la costa nordafricana di presìdi militari, creati in
funzione della guerra crociata contro l’Islam. La tripartizione di motivi qui riportata è
ben spiegata nelle opere di molteplici autori. Si vedano, tra gli altri: S. Bueti, Lo Stato
dei Presìdi caposaldo strategico e militare del Regno di Napoli (1557-1801), in Per la storia
del Mezzogiorno medievale e moderno, studi in memoria di Jole Mazzoleni, Ministero per
i Beni Culturali e Ambientali, Ufficio Centrale per i Beni Archivistici, Roma, 1998; G.
Caciagli, Lo Stato dei Presìdi, Arnera Edizioni, Pontedera, 1992, ma soprattutto P. Fan-
ciulli, Storia documentaria dei Reali Presidios di Toscana. Lo Stato dei Presìdi nelle carte
degli archivi spagnoli e italiani, Laurum, Pitigliano, 1999.
2 Si veda, ad esempio, F. Diaz, Linee di ricerca, in R. Ferretti (a cura di), Aspetti e pro-
blemi di storia dello Stato dei Presìdi in Maremma. Temi di ricerca e contributi presentati
all’incontro di studi svoltosi a Grosseto il 22 e 23 giugno 1979, La Poligrafica, Grosseto,
1979, pp. 19-22. A p. 21, infatti, l’autore afferma: «questa enclave, la presenza di questo
cuneo costituito dai Presìdi spagnoli, allarmava molto i Granduchi di Toscana».
3 Cit. I. Tognarini, Lo Stato dei Presìdi in Toscana, in Storia della società italiana, parte
III, vol. X: Il tramonto del Rinascimento, Teti, Milano, 1987, p. 305.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVI - Aprile 2019 n.45
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)