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L’opera storiografica di Romualdo Giuffrida 741
[la ditta] adescò molti a prestarle i denari, altri persuase a venderle a
credito i propri zolfi mercé la stipula dei prezzi superiori al corso, altri
alla compra in contanti degli zolfi a future scadenze mercé la stipula dei
prezzi inferiori al corso, ed altri più onesti furono tratti alla propria ro-
vina dalla fiducia che con ogni arte intendeva quella a mantenersi, poi-
ché tutto ciò ch’essa operava era presentato con tanta ingenuità, con sì
poderoso treno di artifizi, che nessuno ebbe mai a sospettare la caduta
lontana o vicina di quella casa». E neppure il CdA del Banco di Sicilia
evidentemente l’aveva messa nel conto.
Si è già accennato al fallimento della “Società di navigazione La Tri-
nacria”, fondata qualche anno prima dal palermitano Pietro Tagliavia,
probabilmente anche su sollecitazione di politici della Sinistra, ai quali
egli era molto legato, primo fra tutti Francesco Crispi. E certamente
all’iniziativa di Tagliavia non era estranea la salda amicizia con Luigi
Orlando, padrino di battesimo di uno dei suoi figli, che ne aveva preso
anche il nome, e titolare del cantiere di Livorno, dove più tardi “La
Trinacria” farà costruire i due piroscafi Enna e Ortigia, le prime navi a
vapore di grossa portata costruite in Italia. La Compagnia allestì una
flotta mercantile modernissima, definita ‘preziosa’ per tonnellaggio e
qualità del naviglio, dotato «di tutte quelle innovazioni che la scienza
ha trovato di utilità oggi, sia riguardo alle qualità mercantili e di navi-
gazione che per sistema di macchinari»; sicuramente superiore per
tonnellaggio e per efficienza a quelle di Florio e di Rubattino. E tuttavia
− rilevava la Commissione della Camera chiamata a relazionare sulla
concessione di un prestito alla Società − «non v’è forse esempio al
mondo di una compagnia di navigazione munita di un materiale così
adatto e retribuito così parcamente».
La Compagnia in effetti accettava, per le linee con il Levante, sov-
venzioni governative che poi a Florio furono raddoppiate, con il risul-
tato di dovere continuamente ricorrere − anche per la mancata collo-
cazione sul mercato dell’intero patrimonio azionario (pur ampiamente
garantito dal valore della sua flotta) e per la grande difficoltà di reperire
in loco finanziamenti alternativi − al credito bancario a interessi ele-
vati. Doveva inoltre subire sulle stesse linee la dura concorrenza della
Florio, la quale per crearle difficoltà offriva noli più bassi, che invece
più tardi, quando poté operare in condizione di monopolio, aumentò
del 40 per cento, con la scusa del contemporaneo aumento del prezzo
del carbon fossile, per il quale però il governo le pagava un indennizzo
a parte.
Ad altre cause come la contrazione dei noli e la lunga depressione
economica successiva al 1873 si è già accennato.
Rubattino – come si è detto – fu salvato dall’intervento di un gruppo
di banche. Al salvataggio di Tagliavia non poteva essere sufficiente
l’anticipazione di cinque milioni in buoni del tesoro concessa dal
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVIII - Dicembre 2021
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)