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Studenti senza terra: la diaspora palestinese in Italia, tra solidarietà, politica...   103


                    bene, se non ce la faccio, pazienza, ce la faranno le nuove generazioni. È
                    un diritto, non possiamo mollare», afferma oggi Fawzi. E specifica: «Non
                    è tanto il pezzo di terra o la vita lì. Quello che non sopporto è l’ingiustizia.
                    Tutte le persone che amano la libertà e la giustizia dovrebbero essere in-
                    teressate». Visto che la possibilità concreta del viaggio a ritroso è gradual-
                    mente svanita, essa è mutata in tensione ideale: «sentirmi partecipe di
                    una lotta giusta è diventata la mia patria», conclude Fawzi 138 .
                       Nel tempo sospeso della diaspora, il bisogno di riconnettersi con le
                    proprie  terre  d’origine  ha  trovato  espressione  in  viaggi  occasionali
                    verso la Palestina. Ma anche questi rientri provvisori si sono rivelati
                    talvolta sofferti e spesso complicati, tanto che qualcuno ha preferito
                    evitarli del tutto. «Come tutti i palestinesi sogno il ritorno. È un nostro
                    diritto,  dobbiamo  tornare  un  giorno»,  spiega  Khader.  Poi  aggiunge:
                    «Quando sono arrivati gli israeliani durante la Guerra dei sei giorni,
                    hanno preso casa mia con il pretesto che 2000 anni fa lì c’era un ci-
                    mitero ebraico. I miei figli sono andati lì a vedere: c’è un recinto, e una
                    scritta indica che c’era un cimitero ebraico». Come la maggior parte
                    dei palestinesi che risiedono in Italia da tempo e hanno ottenuto la
                    cittadinanza italiana, Khader potrebbe andare ad Hebron con il pas-
                    saporto italiano, «come ospite». Eppure, è rientrato in Palestina una
                    sola volta e non è passato dai luoghi dell’infanzia: «tornare e vedere la
                    terra dove i miei antenati piantavano un ulivo ogni volta che nasceva
                    un bambino, in queste condizioni, recintata, forse mi verrebbe un in-
                    farto» 139 . Anche Ahmad, che oggi è cittadino onorario di Vigevano per
                    i suoi meriti di medico del 118, non è ancora tornato. Ha in animo di
                    farlo, perché ha ancora una sorella e dei cugini in Palestina, ma sa già
                    che il ritorno sarebbe un passaggio non un trasferimento 140 .
                       Abed, che invece rientra sovente in Palestina, ammette che nei primi
                    anni della sua diaspora non è mai tornato in Cisgiordania, anche per
                    ragioni  di  sicurezza.  «La  Cisgiordania  era  sempre  sotto  coprifuoco»,
                    spiega. «Per mesi la gente non usciva di casa se non per fare la spesa.
                    Era difficile, entravi in Cisgiordania, ma non sapevi se uscivi». Anche lui
                    insiste però sul diritto inalienabile a tornare: «io personalmente voglio
                    morire in Palestina. Ho tutto qui in Italia e qui c’è la mia famiglia. Però
                    vorrei poter tornare in Palestina da cittadino libero e senza metterci due
                    giorni per le limitazioni all’uso degli aeroporti israeliani». «Comunque
                    vada», conclude, «la mia tomba deve essere in Palestina» 141 .




                       138  F. Ismail, int. 28 marzo 2021.
                       139  K. Tamimi, int. 5 aprile 2021.
                       140  A. Saleh, int. 22 aprile 2021.
                       141  A. Daas, int. 16 aprile 2021.


                                                 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Aprile 2022
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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