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                Ed è interessante notare come, ancora a metà del decennio, i maroc-
                chini e i tunisini arrestati in Italia spesso dichiarassero di essere pa-
                lestinesi,  «confidando  in  un  trattamento  migliore,  in  una  maggiore
                comprensione, in una qualche forma di clemenza» 132 . Rimane dunque,
                almeno ex post, la percezione di un «appoggio morale fortissimo» 133 .
                   Anche la minaccia delle ritorsioni israeliane pare abbia avuto effetti
                trascurabili sulla maggioranza. Certo, gli assassinii di Zuaiter nel ’72 e
                di Matar e Hussein dieci anni dopo generarono shock e rabbia tra i pa-
                lestinesi in Italia, giacché le vittime erano personaggi conosciuti e amati.
                Ma la reazione della massa dei giovani palestinesi fu perlopiù caratte-
                rizzata dall’orgoglio. Ad esempio, all’indomani dei due omicidi del 1982,
                si tenne una manifestazione nel centro di Roma a sostegno dei palesti-
                nesi e, ai funerali, una nutrita folla di giovani accompagnò i feretri, alla
                presenza di varie personalità politiche tra cui Enrico Berlinguer 134 .


                Ritorno e identità diasporica in Italia

                   In assenza di un censimento, la percentuale di coloro i quali sono
                rimasti sul territorio italiano a seguito della migrazione degli anni ’60-
                ’80 può essere solamente stimata e le testimonianze parlano del 30-
                40% circa di coloro i quali fecero ingresso in Italia 135 . Tuttavia, così
                come per altre diaspore, il ritorno non è generalmente coinciso con il
                ritorno a casa, poiché un’entità statale libera non esisteva. Dunque
                solo una parte dei palestinesi è rientrata nel perimetro ideale della Pa-
                lestina, mentre altri hanno proseguito la diaspora nei paesi arabi, dal
                Kuwait all’Arabia Saudita alla Giordania.
                   Di quella generazione di ‘studenti senza terra’ rimangono oggi all’in-
                circa 3 mila persone in Italia 136 . Per loro, così come per molti palestinesi
                nel mondo, la nozione di ‘ritorno’ ha assunto una forma soprattutto sim-
                bolica: non tanto necessità o volontà di trasferirsi, quanto diritto a farlo.
                Indefinitamente rimandato e ammantato di nostalgia, il ritorno si è affer-
                mato come il diritto più irrinunciabile. Inoltre, il «mito del ritorno», come
                lo definisce il politologo William Safran, ha avuto la funzione di consoli-
                dare la coscienza nazionale, oltre che cementare la solidarietà tra i mem-
                bri delle comunità locali 137 . «Dobbiamo lottare per tornare. Se ce la faccio,


                   132  Lonni, Immigrati cit., p. 56.
                   133  K. Tamimi, int. 5 aprile 2021.
                   134  Si vedano B. Saleh, int. 11 maggio 2021; A. Rubbi, Con Arafat in Palestina cit., p. 111.
                   135  B. Saleh, int. 11 maggio 2021
                   136  La stima è di Bassam Saleh, il quale sta lavorando con le autorità palestinesi per
                un censimento. Cfr. B. Saleh, int. 11 maggio 2021.
                   137  Sulla nozione di ritorno, si vedano W. Safran, Diasporas in Modern Societies cit.;
                H.L. Schulz, The Palestinian Diaspora cit., pp. 3-11.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Aprile 2022
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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