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                ranza: la preoccupazione prioritaria di preservare la propria specifica
                identità culturale spingeva, infatti, gli armeni italiani a guardare con
                apprensione i processi di “assimilazione” in atto in Occidente, mentre
                si considerava l’Armenia sovietica una cruciale risorsa identitaria da
                preservare impedendone lo spopolamento attraverso il rientro del mag-
                gior numero possibile di profughi.  Tale prospettiva doveva, però, fare
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                i conti con la realtà dei profughi in gran parte restii a ritornare in pa-
                tria e molto più propensi a stabilirsi in Europa o a espatriare negli
                USA. Tutti questi aspetti presenti nel dibattito sul rimpatrio (Nerkaght)
                evidenziano, da una parte, come all’interno della diaspora armena ita-
                liana più delle questioni politiche fossero le preoccupazioni di carat-
                tere  socio-culturale  legate  al  futuro  dell’identità  armena  in  Italia  a
                orientare  maggiormente  la  vita  della  comunità;  dall’altra,  mostrano
                come il legame con l’Armenia costituisse, al di là della separazione im-
                posta dalla “cortina di ferro”, un riferimento fondamentale, ponendo
                la diaspora – in buona parte formata da armeni provenienti dagli ex
                territori ottomani – in una costante tensione tra il bisogno di integrarsi
                nel contesto locale e la relazione – talvolta puramente ideale – con la
                “patria”  armena  da  cui  erano  tratti  molti  degli  elementi  del  proprio
                profilo identitario. Una volta recise violentemente le radici con i luoghi
                di origine, negli armeni della diaspora maturò un rapporto sempre più
                privilegiato con l’Armenia sovietica, destinata a porsi come l’unica vera
                heimat nella quale gli armeni in diaspora potessero riconoscersi col-
                lettivamente. Tutto ciò era rafforzato dal ruolo svolto dalla Chiesa apo-
                stolica armena – il cui centro è a Echmiadzin in Armenia – nello strut-
                turare una trama di relazioni transnazionali capace di connettere tra
                loro le diverse diaspore .
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                   Proprio a causa della fragile e incerta condizione che aveva accom-
                pagnato la formazione della diaspora armena in Italia, i due decenni
                successivi  alla  fine  della  seconda  guerra  mondiale  rappresentarono
                una fase di consolidamento durante la quale gli armeni italiani crea-
                rono nuove strutture associative e ambiti di aggregazione finalizzati a
                strutturare  maggiormente  la  vita  sociale  della  comunità  e  al  tempo
                stesso creare spazi identitari più chiari e definiti. Tale processo rispon-
                deva all’esigenza avvertita dalla generazione insediatasi in Italia nei
                primi due decenni del Novecento di evitare un’eccessiva assimilazione
                con  la  perdita  di  buona  parte  delle  proprie  radici  culturali.  Su  tali



                   18  A. Manoukian, Presenza armena in Italia, cit., pp. 116-117.
                   19  Y. Petrosyan, La Chiesa Armena Apostolica dalla metà del Quattrocento agli inizi
                del XX secolo, in L. Vaccaro, B.L. Zekiyan (a cura di), Storia religiosa dell’Armenia, Cen-
                tro Ambrosiano, Milano, 2010, pp. 93-106. J-M. Hornus, G. Dédéyan, Chiesa e cultura
                nell’Armenia di oggi, in G. Dédéyan (a cura di), Storia degli armeni, cit., pp. 441-453.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Aprile 2022
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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