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                   Per oltre cinquant’anni dal 1933 al 1982, pur travagliato talvolta
                da gravi preoccupazioni familiari, il Trasselli, non perdette mai l’entu-
                siasmo per la ricerca, quell’entusiasmo che traspare dalle relazioni che
                egli inviava alla Direzione Generale degli Archivi di Stato ogni volta che
                partecipava ad un Congresso Storico internazionale.
                   Nel  1960,  appena  tornato  da  un  Congresso  tenutosi  a  Belgrado,
                scrisse con una punta di malcelato orgoglio di aver tenuto ad un folto
                pubblico una lezione nell’Aula Magna della Facoltà di Lettere dell’Uni-
                versità di Belgrado in italiano su Il Mediterraneo e la navigazione de i
                Ragusei dal XVI al XVII secolo.
                   Il suo profondo senso della storia gli consentiva di trarre, dalle fonti
                man mano esplorate con occhio esperto, gli elementi necessari per for-
                nire risposte spesso definitive agli interrogativi storiografici che erano
                alla base della sua ricerca.
                   La dimestichezza con storici della statura di Fernand Braudel, Mol-
                lat, Dufurc, Federigo Melis, Franco Borlandi, e tanti altri con cui egli
                s’incontrava nelle Settimane di studio di Prato, o all’École des hautes
                études o addirittura alla Sorbona, ne acuirono la sensibilità storica
                immettendolo in un più ampio circuito scientifico internazionale nel
                cui ambito conseguì quegli altissimi riconoscimenti che lo ripagarono
                abbondantemente delle amarezze che non gli erano state risparmiate
                dall’ambiente  accademico  ufficiale  italiano,  il  quale  con  interessata
                miopia e per motivi poco edificanti, gli riconobbe il diritto a ricoprire
                una cattedra universitaria di ruolo solo in limine vitae.
                   Carmelo Trasselli chiuse la sua feconda giornata terrena con la po-
                derosa opera sulla Sicilia di Carlo V. una realtà storica pressoché sco-
                nosciuta. In merito, col suo stile efficace, egli ha osservato:

                   Uno specchio d’acqua è coperto da una vegetazione verdognola che dà l’im-
                pressione di una superficie solida e ferma dalla quale emergono poche canne.
                Noi ci accontentiamo di guardare quella coperta immobile e quelle canne e
                non ci domandiamo: se sotto vi sia un universo di vermi, di pesci, di anguille,
                di bisce che si agitano, che vivono, che divorano; se l’acqua sia potabile o fe-
                tida. Dobbiamo rompere il mondo di vegetazione superficiale per appurare che
                cosa vi sia sotto. Quell’acqua ferma - dice il Trasselli - è la Sicilia tra la fine
                del XV e il principio del XVI secolo, troppo comodamente sintetizzata in due
                sole parole "Sicilia spagnola". Le canne emergenti sono i tumulti palermitani
                del 1516 e 1517 e la congiura Imperatore. Ho voluto tentare di rompere il
                manto verdognolo superficiale per sondare che cosa vi fosse "sotto" e qualche
                essere vivente sono riuscito a pescare. Quell’acqua non era morta, era viva
                anche se di odore indefinibile.

                   Per dirla con Giovanna Motta, che com’è noto ha raccolto e pubbli-
                cato con un gruppo d’amici, tra cui Saverio Di Bella, una serie di saggi
                in onore del Trasselli. non è facile fornire un’idea esaustiva «della sua



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Aprile 2022
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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