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Maurice Aymard
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                era il primo a leggere, capace di reagire a tutte le novità, disponibile al
                dialogo e di una intelligenza brillante nella discussione, ma, nel modo
                più intimo, un solitario indipendente, poco rispettoso delle regole acca-
                demiche, e credo contento della sua "leggenda nera" che intratteneva
                con una certa cura. E Braudel contribuì molto a farlo conoscere ed ac-
                cettare in Italia, come ricorda la prefazione scritta in occasione del suo
                pensionamento. Braudel gli aveva scritto per preannunciare il mio ar-
                rivo, avvertendomi che molto, per non dire tutto, dipenderebbe dal rap-
                porto che sarei riuscito a creare con lui, e Ruggiero Romano, che lo co-
                nosceva soltanto da lontano, me ne aveva parlato nello stesso modo,
                sottolineando più fortemente ancora il rischio che incorrevo, e l’incer-
                tezza del risultato. Arrivato il giorno prima a Palermo col traghetto da
                Napoli, affrontavo questo primo contatto con un certo timore.
                   Ciò spiega la mia sorpresa immediata: Carmelo Trasselli mi rice-
                vette subito nel suo ufficio della Soprintendenza, alla Catena, e fin
                dalle prime parole capii che la partita era vinta, senza nessun merito
                mio, perché non c’era stato né pericolo né rischio vero. Il contatto fu
                immediato. Fu l’inizio di una conversazione di più di un’ora, dove ab-
                biamo parlato di tutto e di niente, della mia ricerca e di tante altre
                cose, da parte sua in un francese perfetto, senza il minimo accento, di
                cui si percepiva che gli piaceva parlarlo, e che rimase a lungo la lingua
                preferita dei nostri scambi: ho conservato in testa la memoria della
                sua voce. Mi presentò subito dopo alla Signora Adelaide Baviera Alba-
                nese, Direttrice dell’Archivio, e a Romualdo Giuffrida, che mi accolsero
                colla stessa gentilezza e disponibilità, e mi daranno pure loro molti
                consigli. Tutto diventava facile: la sala di studio della Catena era ormai
                il mio orizzonte quotidiano, dove le due sole cose di cui potevo soffrire
                era, da una parte, il freddo, nelle giornate d’inverno senza sole (nessun
                riscaldamento! e, come mi disse dopo uno studioso tedesco: “da noi,
                in Germania, l’inverno si vede; qui, in Sicilia, si sente”) e, dall’altra, la
                solitudine, visto, che almeno il primo anno (1964-65), fui il più spesso
                il solo studioso presente dalle 9 alle 13, la situazione cambiando poco
                a poco a partire dall’anno seguente coll’arrivo di Camillo Filangeri e di
                altri studiosi che diventarono anche loro degli amici. Di pomeriggio,
                poiché l’Archivio di Stato era allora chiuso al pubblico, la signora Ma-
                ria Emma Alaimo, che aveva accolto Braudel a Palermo all’inizio degli
                anni 1930 e ne conservava un ricordo molto bello, mi fu di grande
                aiuto per sfruttare le risorse della Biblioteca Comunale, da lei diretta.
                   Fu Carmelo Trasselli a "introdurmi" in Sicilia, ad aiutarmi a conoscerla
                e a capirla, ad incoraggiarmi ad approfondire le tematiche che erano le
                mie  all’epoca,  e  che  dovevano  molto  ai  metodi  della  storia  economica
                quantitativa allora dominanti in Francia: popolazione, prezzi, produzioni
                agricole, commerci locali e, a più lunga distanza, manifatture, cicli e crisi





                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Aprile 2022
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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