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Ricordando Carmelo Trasselli 227
muovevano già verso ambiti sempre più specialistici: l’archeologia me-
dievale, la numismatica – di cui era fine conoscitore – la decrittazione
dei codici segreti.
Per quanto io possa aver prestato attenzione al “racconto” delle sue
esperienze – di lavoro e di vita – non avrò mai la certezza di conoscere
tutta la produzione di Trasselli; sovente mi è capitato di leggere un
libro, sfogliare un vecchio testo e scoprire un suo ulteriore saggio che
non mi era noto.
Oggi, penso che sia comunque impossibile essere esatti nel ricor-
dare le sue attività e nel citare le sue pubblicazioni; … Per anni, in
istituto, i collaboratori e io abbiamo risposto alle mille domande rivol-
teci da ogni parte sui suoi libri divenuti rari o introvabili. Sempre, sol-
lecitamente, Trasselli ha risposto a chiunque volesse da lui informa-
zioni scientifiche, suggerimenti critici, consulenze più o meno com-
plesse; mai si è sottratto alla possibilità di aiutare i giovani che si
“aprivano” alla storia siciliana e che da lui hanno avuto una fortunata
iniziazione. Al tempo stesso riusciva a essere ritroso, schivo, solitario,
proteggendo la sua vita privata e la sua timidezza. L’insieme di con-
traddizioni che egli rappresentava lo rendeva un personaggio emble-
matico: non era più o non era solo Trasselli, ma era il siciliano – anzi
il palermitano – colto, orgoglioso della sua “nazione” – così vedeva e
viveva l’Isola – critico severo e spesso parziale di ciò che, nel tempo,
essa era divenuta.
Confluivano in lui autonomie culturali e aspirazioni mitteleuropee,
con strani raccordi tradizionali e rivoluzionari insieme: l’amore per il
passato – anche da dissacrare – e l’esigenza del nuovo – per lo più da
temere – si fondevano sincronicamente, facendo di lui un uomo cu-
rioso di ogni cosa, che si consegnava ai propri interessi e ai propri
intuiti, ma che in effetti costituiva di per sé un “mondo”, chiuso, com-
piuto da contorni precisabili – come confini, non come limitatezza –
cui niente altro avrebbe potuto aggiungersi.
Era un pessimista, che aveva scelto una sorta di autoemargina-
zione e che, pur tra mille solidarietà, si andava accompagnando esclu-
sivamente alla sua solitudine. Paradossale, scettico, diffidente, demi-
tizzava ogni cosa, derideva le “novità”, sostenendo che il preteso pro-
gresso si rivestisse di forma nuova, ma fosse comunque portatore dei
vecchi rapporti di forza e degli antichi poteri. Per tale ragione non mi-
litava in nessuna delle aree politiche, non era un conservatore, non
era un uomo di sinistra, il suo spirito critico andava diventando esa-
sperato nell’analisi di quelli che – a suo dire – erano i mali del trasfor-
mismo politico, in ogni epoca – dalle lotte antifeudali, ai primi movi-
menti rivoluzionari, all’occupazione delle terre nell’Ottocento –.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Aprile 2022
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)