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                rigido inverno caucasico . Grazie alla vasta mobilitazione della dia-
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                spora armena, anche in Italia, un’ondata di commozione e di solida-
                rietà verso gli armeni attraversò le società, mettendo in moto un’impo-
                nente catena di aiuti. Il fatto che le comunità armene fossero percepite
                come “parte” integrante delle società in cui erano inserite e la sempre
                più diffusa coscienza delle sofferenze patite nel passato dagli armeni,
                favorirono  indubbiamente  l’inedita  attivazione  di  ingenti  risorse  per
                dare assistenza alla popolazione colpita dal sisma, anche se non va
                ignorato del tutto il fatto che il grande sforzo profuso dai paesi occi-
                dentali nei soccorsi e nella prima ricostruzione risposero anche all’idea
                di mostrare l’efficienza e la superiorità di un sistema rispetto ai limiti
                e alle mancanze evidenziate dall’apparato sovietico.
                   Le  macerie  dell’Armenia  furono  percepite  da  molti  in  Occidente
                come una plastica metafora dell’irreversibile degrado dell’Urss, desti-
                nata da lì a poco a crollare definitivamente, per effetto di un processo
                “a catena” che ebbe proprio nelle repubbliche sovietiche caucasiche
                uno dei suoi principali epicentri . La dissoluzione dell’Urss ha effetti-
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                vamente segnato una svolta storica per gli armeni poiché ha condotto
                alla nascita nel 1991 della Repubblica d’Armenia: per la prima volta
                dopo secoli, gli armeni potevano contare su di un proprio Stato indi-
                pendente . Tutto ciò non solo ha permesso di riconnettere in modo
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                più saldo e articolato i centri del mondo armeno con tutta la diaspora,
                al  di  là  delle  separazioni  create  dalla  guerra  fredda,  ma  ha  anche
                creato un polo capace di farsi interprete dei destini dell’intero popolo
                armeno, ponendosi come riferimento identitario dell’“armenità” a par-
                tire dai suoi due principali “pilastri”: la memoria del genocidio – rap-
                presentata dal grande memoriale (Tsitsernakaberd) di Erevan inaugu-
                rato nel 1967– e il ruolo della Chiesa apostolica nel tenere unita la rete
                delle relazioni interarmene. Questi due elementi e il processo storico-
                culturale di “riappropriazione” della comune patria armena - che ha
                avuto in Italia un passaggio importante nella creazione nel 1994 della
                collana “Carte armene” da parte dell’editore Angelo Guerini di Milano
                –  rappresentano  i  riferimenti  fondamentali  con  cui  la  comunità  ar-
                mena italiana è entrata nel nuovo millennio .
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                   59  F. Cucurni, Morti dovunque, una catastrofe, «La Repubblica», 8 dicembre 1988; si
                veda anche il reportage di E. Mauro, A Spitak, la capitale del terremoto, «La Repubblica»,
                16 dicembre 1988.
                   60  C. King, Il miraggio della libertà. Storia del Caucaso, Einaudi, Torino, 2014, pp.
                251-261.
                   61  B.L. Zekiyan, La questione del Karabagh e l’Armenia indipendente, in G. Dèdéyan
                (a cura di), Storia degli armeni, cit., pp. 527-528.
                   62  La collana “Carte armene” fu inaugurata dal testo di Pietro Kuciukian, Le terre di
                Nairì. Viaggi in Armenia, con la postfazione di Antonia Arslan.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Aprile 2022
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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